Contrordine: altro che nera la morte è azzurra

Chi l’avrebbe mai detto: è tutto az­zurro, quando stiamo per morire. Azzurro come il cielo e come il mare

Contrordine: altro che nera la morte è azzurra

Come il cielo, come il mare. Come quanto di più bello possiamo vedere, e godere, alzando gli occhi a scavalcare le cime degli alberi o l'ultimo piano dei palazzi. Oppure lanciando lo sguardo all'inseguimento dell'orizzonte che sta laggiù, dove l'acqua sembra finire, magari proprio nel momento più bello (e più triste insieme) del giorno, quando la Natura sta tuffando, nella pianura soltanto leggermente increspata dalle onde, quel suo fedele servitore che dona la vita: il sole. Chi l'avrebbe mai detto: è tutto azzurro, quando stiamo per morire. Azzurro come il cielo e come il mare.
È strano, a volte la Scienza, che con la Natura combatte in un infinito corpo a corpo iniziato ben prima di Galileo, ben prima di Copernico e dei filosofi presocratici, sembra avere un cuore, sembra sintonizzarsi sull'impercettibile lunghezza d'onda di noi tutti che scienziati non siamo e che, quando guardiamo il cielo e il mare, non pensiamo alle missioni spaziali o al mercurio che c'è nei pesci, proprio in quei pesci che mangiamo mentre, a un tavolino all'aperto a due passi dal mare, guardiamo il mare e il cielo insieme e non ci stancheremmo mai di guardarli...

Invece, ci dice la Scienza, arriva un giorno in cui l'azzurro cattivo prende il posto dell'azzurro buono e bello. Arriva un giorno in cui un'onda di luce fluorescente azzurra si sprigiona dalle nostre cellule, e quelle maledette stronze che fino a un momento prima, anche se in mezzo a mille sofferenze, a mille tormenti, tenevano duro, erano ancora benedette, erano la nostra vita, come obbedendo a un comando superiore s'azzurrano tutte d'un azzurro tenebra. È l'ultima alta marea che ci sommerge, ci prende dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi: così noi affoghiamo, così noi tramontiamo.
Che a dircelo sia un verme, il Caenorhabditis elegans, una insulsa comparsa nella compagnia teatrale della Natura che chissà quante volte abbiamo calpestato senza accorgercene, è un altro messaggio in codice che proviene dagli asettici laboratori. Quei laboratori in cui un'équipe inglese ha scoperto il colore della morte. Quando le cellule muoiono, diventano spazzatura umana, ma non possiamo più smaltirla nel sacchetto dell'umido. Non possiamo fare nulla. L'onda azzurra dei nostri stessi rifiuti ci assale. Proprio come accade al povero Caenorhabditis elegans.

L'acido antranilico, che non ha nulla a che fare con il cielo e con il mare che erano la nostra gioia da vivi, viene agguantato dal calcio che lo porta ovunque, dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi.
E noi ce ne andiamo, fantasmi azzurri che si portano nella tomba la nostalgia del cielo e del mare.

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