Già l’indomani del voto in Sardegna le dichiarazioni di Elly Schlein erano risuonate un po’ troppo pretenziose. "Era dal 2015 che non strappavamo una regione al centrodestra – aveva detto in una intervista a Repubblica – nove anni, un’eternità. Dalla Sardegna è arrivato un bel segnale: è la nostra prima 'reconquista' e non sarà l’ultima, questo è il mio messaggio per Giorgia Meloni". Che fosse tutto sopra le righe lo diceva la differenza marginale (lo zero-virgola-quattro per cento) con cui Alessandra Todde era riuscita a sbarrare la strada a Paolo Truzzu. Ma non solo. Anche il fatto che la neo governatrice fosse una grillina, invisa tanto ai vertici del Nazareno quanto alla base dem, faceva suonare i toni trionfalistici dell’ex sardina poco credibili: più che una vittoria del Partito democratico era una vittoria del Movimento 5 Stelle e soprattutto di Giuseppe Conte. Ma poco si poteva obiettare ai dioscuri del "campo largo": avevano vinto e amen.
Il loro errore (uno dei tanti) è stato credere di potersi concedere il bis in Abruzzo. Tanto da riuscir a spacciare nel loro elettorato la vulgata della rimonta. "La vittoria (in Sardegna, ndr) dimostra due cose – aveva detto sempre la Schlein nell’intervista a Repubblica – che la premier non è imbattibile e che se stiamo insieme tutto diventa possibile". E così, giù a premere l’acceleratore sul "campo largo". Anzi larghissimo: dal Pd ai 5 Stelle, dai verdi ad Azione. "Oggi la priorità è unire le nostre forze sulle grandi questioni del Paese – e sono convinta che, se remeremo tutti nella stessa direzione, gli elettori ci daranno fiducia". Così non è stato, almeno in Abruzzo. E non certo per lo zero-virgola quattro per cento. Alla fine è stato di sette punti percentuali pieni. Risultato schiacciante. E così, dopo due settimane di tracotanza, ci saremmo aspettati un mea culpa. O quanto meno toni un filo più dimessi. E invece, dopo la batosta, ecco la Schlein tornare a incensare l'ammucchiata giallorossa: "Unendo le forze attorno a una visione comune abbiamo riaperto la partita e ridotto lo scarto in modo significativo, ma non ancora sufficiente". E poi ancora: "Questo ci sprona a batterci con ancora più determinazione per costruire un'alternativa solida in grado di competere con la coalizione delle destre".
In attesa della seconda "reconquista" in Basilicata, dove si voterà a fine aprile, il nome di Angelo Chiorazzo imposto da Roberto Speranza e dal Pd locale non piace al resto della coalizione, in modo particolare ai Cinque Stelle. Non resta che stare a vedere: i test per il "campo largo", da qui a fine 2024, non sono pochi. La Schlein ci crede. Bisognerà vedere se ci crederanno anche i suoi elettori.
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