Per dire: Kolo Muani gioca nel Psg ma tifava Juventus fin da bambino (l’ho sentito alla radio). Questo per dire che le sessioni di calciomercato che si susseguono ormai senza soluzione di continuità sembrano apparentemente diverse, ma in realtà sono tutte uguali. Cambiano solo i protagonisti, e non sempre.
Ibrahimovic, partiamo da qui, in carriera ha baciato così tante maglie che alla fine non si ricordava bene quali: fortuna che a un certo punto si è innamorato del Milan e ha scelto la sua squadra del cuore. E non è che ce l’ho con lui, figurarsi: è solo per fare la fotografia di come il calcio moderno, a volte, ci prende un po’ in giro. Per esempio: Lukaku era al Chelsea ma sognava già l’Inter, quando arrivò all’Inter dopo un po’ sognava talmente il Chelsea da dirlo nell’intervista di ritorno a Londra, per poi – sei mesi dopo – risedersi davanti alla telecamera per annunciare la nostalgia di Milano. Ora ama Napoli dove c’è Kvaratskhelia, talmente felice (leggasi alcune recenti interviste) che ha chiesto di essere ceduto: il suo allenatore Antonio Conte se l’è presa tantissimo perché non ha creduto al progetto, che magari era lo stesso per cui alcuni presidenti in passato volevano che si fermasse ancora un po’ sulla panchina. Ma è normale, se non si è felici (termine con cui di solito si spiega il passaggio a un’altra squadra) è giusto cambiare vita. E poi, come dice Beppe Marotta, «Frattesi non ha chiesto di essere ceduto e noi non vogliamo venderlo. Poi, da un giorno all’altro, possono arrivare richieste». Insomma: “sta bene qui, ma mai dire mai”, ed anche questa l’avete già sentita di sicuro. Così come avete sicuramente sentito che un giocatore è disposto a ridursi lo stipendio per andare a vestire la maglia della tal squadra, o magari – è il caso in questi giorni di Markus Rashford – che la società che lo cede sia pronta a darlo via in prestito e a pagargli anche un po’ di stipendio per il disturbo. Forse non ci siamo accorti che il Manchester United sia diventata una società benefit.
Diciamo la verità, dài, si scherza: siamo noi tifosi ad essere nel torto.
Siamo obnubilati dal tifo, crediamo un po’ a tutto, e soprattutto siamo invidiosi di cifre che non vedremo mai in tutta la vita, finendo appunto per mettere in dubbio la sacralità delle regole del pallone e delle sue bancarelle dorate. Per cui giammai: tornando a Kolo Muan, speriamo dunque davvero che questa settimana possa coronare il suo sogno di bambino. Va bene uno qualunque.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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