Addio al Prof, l'Udc se ne va I montiani guardano a sinistra

Scelta civica sancisce la rottura, sfuma il sogno del Ppe italiano. È tutti contro tutti. L'ex premier attacca il ministro Mauro: "Ha tradito". E Nesi: "La salvezza è Renzi"

Addio al Prof, l'Udc se ne va I montiani guardano a sinistra

È successo di notte. Senza il fondatore e dimissionario Monti, senza il ministro Mauro, anime delle due correnti che hanno disintegrato l'ormai ex Scelta Civica. Il comitato direttivo (9 voti a favore, 1 contrario, 3 astenuti) ha di fatto «sganciato» l'Udc, dicendo «no» a ogni progetto neocentrista, la ventilata lista di un Ppe italiano per le Europee 2014. Si conferma il sostegno al governo Letta: «Il comitato direttivo - si legge in una nota mattutina di Sc - prende atto che sono purtroppo venuti meno i presupposti che avevano dato vita al patto di alleanza con l'Udc, in quanto suoi alti esponenti hanno manifestato da tempo, e su tutti i principali media, l'intenzione di costruire un progetto politico diverso da quello di Scelta Civica». Sempre il comitato dà mandato al presidente Alberto Bombassei di incontrare i vertici dell'Udc «per definire gli aspetti politici e giuridici della separazione consensuale dei gruppi parlamentari di Camera e Senato». Una separazione che si auspica possa avvenire, come nelle miglior cause di divorzio, «senza conflitti».

Invece è il contrario. Da ieri sono tutti contro tutti, con un big bang di deputati già diretti verso altri centri di interesse, soprattutto nell'orbita della stella Renzi. In una drammatica riunione alla Camera dei gruppi parlamentari ieri sera, Monti ha definito Mauro «un Solone: è lui che ha tradito». Pungente Pier Ferdinando Casini: «Monti non si è dimesso da senatore di Scelta Civica. Sta lì tranquillo». Pensare che fino a pochi mesi fa erano alleati di ferro. Durissimo il segretario Udc Lorenzo Cesa: «Siamo stati obbligati in campagna elettorale a firmare un patto che ci vincola per la legislatura. Ora non abbiamo alcuna intenzione di scioglierlo, assecondando le bizze di chi non tollera il dissenso politico». Laconico da Bruxelles il ministro Mauro, indicato come il regista del neocentrismo: «Da sempre sono popolare e non voglio morire populista».

Due degli astenuti della notte dei coltelli civicisti, Andrea Olivero e Lorenzo Dellai, hanno ribadito ieri che non intendono avviare «accordi con Berlusconi», contestando le critiche dei montiani nonostante la posizione neutra della riunione.

È il momento delle accuse reciproche. I problemi di Scelta Civica, attacca il senatore Luigi Marino, «non vengono da coloro che sostengono lealmente il governo e da chi guarda alla storia del popolarismo, ma da quanti si ritrovano sul versante liberal, pronti da tempo, a salire sul carro del sindaco di Firenze». Un deputato ieri ha fatto outing: è lo scrittore imprenditore Edoardo Nesi. «Se Scelta Civica finisce qui, l'unica possibilità di riformare l'Italia è Renzi», ha detto chiaro e tondo. Un'altra parlamentare della (ex) scuderia Monti, l'economista Irene Tinagli, sarebbe stata invitata a coordinare uno dei 100 tavoli della quarta edizione della Leopolda, la convention fiorentina dell'aspirante segretario del Pd. Il vivaio di neorenziani di Scelta Civica, si sussurra, sarebbe proprio Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo. Tra i parlamentari indicati come ormai vicini al sindaco sono indicati i piemontesi Mariano Rabino e Gianluca Susta e lo storico Andrea Romano.

Ci sono poi i laici montiani che non intendono invece salire sul carro di Renzi. Per storia e convincimento. Come Benedetto Della Vedova o Linda Lanzillotta, vicepresidente del Senato, che ieri ha criticato aspramente Casini: «Credo che Casini dovesse essere leale con Mario Monti», ha «goduto del suo traino alle elezioni per tornare in Parlamento». E poi «Casini vuole andare di là, ma di là c'è Berlusconi e non è un Berlusconi al tramonto. Berlusconi è un combattente e resisterà a lungo». Al Senato i montiani sulla carta sono otto, dodici i «neocentristi». Potrebbero formarsi due gruppi autonomi.

I pochi che tentano di ricucire parlano al vento.

Quello che serve è «un comune sforzo nel trovare una rinnovata unità seppur nel rispetto delle differenti culture di provenienza», prova a spiegare Bombassei, che invita i cattolici che non vogliono separarsi a pensare positivo: si deve « proseguire il comune percorso politico».

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