Adesso Lusi fa tremare il Pd

L'ex tesoriere della Margherita vuol vuotare il sacco: "Dirò tutto, suffragando i fatti con le carte". All’esame dei pm una chiavetta usb con le cifre versate ai capicorrente Dl

Adesso Lusi fa tremare il Pd

Dal carcere di Rebibbia, Luigi Lusi si prepara a fornire «un’accurata e dettagliata, nonché definitiva, versione della vicenda finanziaria del partito». E avverte di essere pronto a dire «tutto ciò che sa, suffragando i fatti che riferirà con prove e carte».

L’ex tesoriere della Margherita affida il messaggio a chi lo è andato a trovare ieri, nella cella del carcere romano in cui da mercoledì sera è detenuto. «Sono molto determinato», assicura al parlamentare Pdl Amedeo Laboccetta, che gli ha fatto visita. Una visita che ha accolto con stupore: «Sono sorpreso dal fatto di vederti qui. Dopo quello che è successo in aula, pensavano che mai nessun parlamentare mi sarebbe venuto a trovare», confida amaro.
La data dello show down è fissata per domani, quando i magistrati andranno a interrogarlo. E ieri, tra Montecitorio e Palazzo Madama, si percepiva dentro il Pd una certa preoccupazione. Nessuno lo dichiara apertamente, ma in privato più d’uno ammette che la vicenda dei soldi della Margherita resta una «mina vagante», che nessuno sa se e quando esploderà. «Non potevamo fare altro che votare a favore dell’arresto, in questo clima, altrimenti sarebbero insorti coi forconi contro di noi», spiega un parlamentare, «ma ora che Lusi non ha più nulla da perdere e da trattare può aver voglia di trascinare altri con sè».

Il portone di Rebibbia serrato dietro le spalle di Lusi, insomma, non chiude il caso. Che rischia di riattizzarsi in una fase quantomai delicata per il Pd, in piena campagna per le primarie e poi per le elezioni. A preoccuparsi non sono solo gli ex Dl, direttamente coinvolti nelle vicende della cassa gestita da Lusi, ma anche gli ex Ds e Bersani: un riacutizzarsi dello scandalo si ripercuoterebbe inevitabilmente sul partito, sul segretario e sui big ex Margherita schierati al suo fianco nelle primarie, a tutto vantaggio dello sfidante Renzi. E per la gioia di Beppe Grillo, che ieri avvertiva Lusi con toni noir: «Parli, lo faccia al più presto senza tralasciare alcun dettaglio. Pisciotta e Sindona insegnano che un caffè corretto in carcere non manca mai».

La spada di Damocle sospesa sulle teste di tanti dirigenti della ex Margherita ha le sembianze di una chiavetta Usb, ora nelle mani dei magistrati romani, nella quale sono registrati i movimenti di cassa, e le cifre versate ai vari capicorrente. Molti nomi sono già stati tirati in ballo, per accenni, dallo stesso Lusi: da Bianco a Rutelli, ovviamente, ma anche Franceschini, Bindi, Fioroni, Letta, Donato Mosella. Accanto ai loro nomi, somme destinate a spese telefoniche o informatiche, pagamenti di multe, trasporti o parcelle di avvocati. Già qualche settimana fa i big chiamati in causa avevano diffuso una nota di protesta, affermando che i file contabili di Lusi non erano da tenere in conto, «uno schemino scombinato e impreciso in cui sono annotate vecchie spese regolarmente autorizzate». Il problema vero, quello che suscita più ansia, è che uso ne faranno ora i magistrati.

Se cioè decideranno di controllare l’impiego effettivo dei fondi (si parla di milioni di euro) elargiti, magari chiamando uno per uno i dirigenti che li avrebbero ricevuti e chiedendo loro di dimostrare di averli davvero spesi per attività politiche, tirando fuori scontrini e ricevute. O se invece, come ha insinuato nell’aula del Senato il parlamentare Idv Li Gotti, continueranno a mostrare un «fumus benevolentiae» nei confronti degli ex Margherita.

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