Solo ieri c'è stato l'ennesimo scontro a distanza tra governo e parti sociali sull'articolo 18 e la riforma del lavoro. Questa volta però non è stata la Cgil a tornare sulle barricate contro un disegno di legge che dovrà comunque passare al vaglio delle Camere. A criticare il lavoro di Monti è stata la stessa Emma Marcegaglia che fino a qualche mese fa lo sosteneva. Agli industriali, infatti, non piace il passo indietro sui licenziamenti.
Un "teatrino delle parti sociali", lo ha bollato Elsa Fornero, paragonandolo al cosiddetto "teatrino della politica". "Sono sconcertata da questi cambi di fronte e dal fatto che sia sempre necessario demonizzare qualcuno, è davvero un segno di immaturità del Paese", ha detto il ministro del Welfare in un'intervista alla Stampa, "Il governo non ha fatto nessuna marcia indietro, le modifiche apportate non sconvolgono l’impianto né fanno venire meno la spinta innovativa della riforma: l’unica novità che c’è nella riforma dell’articolo 18 è aver inserito la clausola della manifesta insussistenza dei motivi economici come posibilità del reintegro". Del resto il ministro ricorda come con le parti sociali ci sia stato "un lungo dialogo ma nessun accordo e nessuna concertazione" e che "l'accordo invece bisognava trovarlo con i partiti politici che sostengono questo governo e che dovranno approvare il disegno di legge in Parlamento". Rispondendo, invece, direttamente alla Marcegaglia: "Prima di tutto bisognerebbe essere responsabili anche nei messaggi che si mandano ai mercati e all’estero e poi, prima di rilasciare certe dichiarazioni, l’articolato avrebbe meritato una lettura più pacata e attenta".
Già ieri sera Mario Monti aveva risposto per le rime a Confindustria: "Fino a tre mesi fa si sarebbe sognata una riforma del genere. Per Marcegaglia la riforma è pessima, il che non è un understatement: si assuma la responsabilità di quello che ha detto".
Ma la nuova norma sul reintegro, oltre che scontentare gli industriali, non basta nemmeno per placare Susanna Camusso, secondo cui il provvedimento del governo non funziona ancora "su precariato e crescita". Per questo il 13 aprile lo sciopero è confermato e "l’agitazione continua, sia per le preoccupazioni che abbiamo rispetto all’iter parlamentare, sia per quello che manca, come la crescita. Il governo, sbagliando, pensa che basti mettere in ordine pensioni e mercato del lavoro, ridurre e tagliare welfare e spese sociali per determinare la crescita. Mentre noi pensiamo esattamente l’opposto". Per quanto riguarda il precariato, poi, per la Camusso "c’è un abisso tra le aspettative e le decisioni concrete". In particolare per la Cgil la riforma non mette al centro i giovani, come promesso, "invece sono stati solo usati, come sulle pensioni".
Eppure l'atteggiamento della Camusso non sta bene al segretario Fiom, Maurizio Landini, secondo cui la Cgil è "tropo soft" nei confronti del governo: "In queste settimane i lavoratori si sono mobilitati e hanno scioperato perchè l’articolo 18 non venisse modificato. Invece è stato smantellato. Con la proposta del governo, che spacchetta i motivi del licenziamento, il risultato è che in molti casi non c’è più il reintegro ma un risarcimento economico. Per questo bisogna continuare la lotta, per cambiare la legge in Parlamento", ha detto al Corriere della Sera.
Intanto il testo del disegno di legge, arrivato in Senato dove mercoledì inizierà il suo iter, cambia ancora.
Scompare, infatti "la causale" per il primo contratto a termine tra un lavoratore e un'imprese "al fine di contrastare non tanto l’utilizzo del contratto a tempo determinato in sé, quanto piuttosto l’uso ripetuto e reiterato per assolvere ad esigenze a cui dovrebbe rispondere il contratto a tempo indeterminato". Torna invece ad un massimo di 36 mesi il periodo (comprensivo di proroghe e rinnovi) per la stipulazione di contratti a termine con un medesimo dipendente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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