Nessuno lo dica a Pier Luigi Bersani e compagni. Che adesso sono tutti concentrati a fuggire per i canyon romani, inseguiti dal solito Willy il Coyote. Fuggono loro, come Beep Beep. Fuggono, corrono, se la danno a gambe levate. Ma a inseguirli non c'è più nessuno, solo un fantasma di quello che avrebbe potuto essere (e ancora non è mai stato) un centrosinistra moderno e riformista. Gli alleati (quelli che sono tutt'altro che riformisti e moderati) si stanno scocciando. Antonio Di Pietro si dimostra spazientito: non ha digerito la foto twittata che ritrae Bersani con Alfano e Casini a Palazzo Chigi dal premier Mario Monti. E Nichi Vendola ha l'orticaria: per il governatore della Puglia appoggiare la riforma del mercato del lavoro significa tradire gli ideali della sinistra, ma soprattutto significa tradire l'alleanza con il Sel. "Se il Partito democratico cederà sulle modifiche all'articolo 18 - sentenzia Vendola - il centrosinistra andrà a pezzi".
Dalla direzione del Piddì a Roma è uscito un clima da volemose bene, un ritratto da libro Cuore. I più sanno che non è così. I più sanno che le acque sono piuttosto agitate. Sia all'interno del partito sia all'interno della coalizione. Problemi, problemi, problemi. Il capogruppo Pd Dario Franceschini nega l'esistenza di "atteggiamenti dilatatori" e assicura l'approvazione delle modifiche nel giro di una trentina di giorni. Il ministro Piero Giarda non conferma che l’esame del ddl inizierà da Palazzo Madama, si limita a ribadire che il testo verrà presentato alle Camere dopo il ritorno di Monti dall'Asia. Ma la situazione è tutt'altro che tranquilla. All'aumentare dello spread tra Bersani e la leader della Cgil Susanna Camusso si incrementa proporzionalmente anche la distanza con l'ala più radicale della sinistra. Di Pietro e Vendola scalpitano. A livello locale la foto di Vasto è ancora salda, sebbene in alcuni Comuni il Pd stia tentando anche la strada dell'alleanza con il Terzo Polo. A livello nazionale, invece, la situazione si sta incartando. "Ma di quale riforma del lavoro stiamo parlando? La mia impressione è che la ricetta di questo governo faccia addirittura male all’economia", sbotta Vendola in una intervista al Mattino. Il governatore della Puglia non usa mezzi termini, denuncia la "continuità di stile" tra l'ex ministro Maurizio Sacconi e l'attuale titolare del Welfare Elsa Fornero. "Che riforma è - chiede - questa costruzione che lascia intatta la giungla dei contratti atipici, che rinvia a chissà quando l’introduzione del reddito minimo, che non estende gli ammortizzatori sociali in una fase drammatica di recessione?".
Vendola non nasconde che con il Pd è venuta a crearsi è una evidente differenza di giudizio: "Cambiare l’articolo 18 può essere drammatico. Se nel centrosinistra si contribuisce a stracciare questa bandiera nel nome di una modernità oscena e repellente, possono innescarsi conseguenze molto importanti". L'avvertimento del leader del Sel è netto e non ammette repliche. La leader della Cgil, Susanna Camusso, si dice serena perché conta sulla centralità del parlamento per modificare il provvedimento sul lavoro. Nei giorni scorsi anche Sergio Cofferati aveva fatto sapere che, se dovessero restare le modifiche all'articolo 18, bisognerà votare contro il provvedimento. Pure Rosy Bindi è d'accordo. "Monti è debole con i forti e forte con i deboli", avverte la vicepresidente del Pd. Per il momento, Bersani va avanti sulla sua strada: ieri ha invocato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel tentativo di zittire i ribelli democratici ma non basta a cancellare il nodo sulla riforma del lavoro.
In Aula il Pd potrà dimostrare se avrà il coraggio si svincolarsi dalla stretta di Cgil e Sel e appoggiare la riforma del lavoro. Lo scotto da pagare, però, potrebbe essere l'alleanza con Vendola. E su questo il governatore della Pugli è stato chiaro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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