Berlusconi: "Casini? Io ci ho provato ma mi vuole fuori"

E nel Pdl cresce la fronda al governo Monti: "Oltre al rigore ci vuole la crescita"

Berlusconi: "Casini? Io ci ho provato ma mi vuole fuori"

Roma - Ci sarà pure una ragione se gli ultimi sondaggi arrivati sulla scrivania del Cavaliere a Palazzo Grazioli registrano un crollo verticale nel gradimento del governo Monti. Uno scivolone, secondo l’Osservatorio di Euromedia, di quasi 20 punti percentuali in poco più di cinque mesi: da qualcosa sopra al 65% a un misero 45.

Una «caduta libera» dovuta soprattutto ai ripetuti interventi sulle tasche degli italiani, dall’aumento delle bollette e della benzina fino ad arrivare all’Imu. E che preoccupa un Silvio Berlusconi sempre più convinto che il Pd sia tentato dalle elezioni anticipate per portare a casa una vittoria che, almeno sulla carta, appare quasi scontata. Ed è anche questa una delle ragioni dell’appello di due giorni fa a Pier Ferdinando Casini in nome dell’unità dei moderati. Segnali di fumo lanciati durante l’incontro con i coordinatori regionali del Pdl nonostante nelle ultime settimane non siano andati a buon fine incontri di altissimo livello nei quali si è provato a riavvicinare i due ex alleati. Niente, Casini non ne vuole sapere. E anche martedì scorso ha sbattuto la porta in faccia al Cavaliere replicando che «l’unità dei moderati si costruisce sulle cose concrete e non sui nominalismi» e ripetendo ai vari pontieri che la discriminante di un accordo resta il pensionamento di Berlusconi. Che ovviamente non gradisce affatto, tanto che ieri andava ripetendo in privato che con Casini le ha «tentate tutte» ma ormai per il leader dell’Udc «è diventato un fatto personale e di principio». Pur di vedermi morto - è il senso dei ragionamenti del Cavaliere - è disposto a buttarsi a sinistra, perdendo voti e facendo uno sgarbo al Vaticano visto che non è certo permettendo al Pd di vincere le elezioni che potrà tutelare i valori del Ppe.

A via dell’Umiltà, intanto, continua la fronda al governo sul fronte fisco. Perché, è la convinzione di tutti, o si cambia marcia e ci si concentra sulla crescita o il rischio - dice il coordinatore del Pdl Sandro Bondi - è quello di «ripetere gli errori che nel secolo scorso portarono alla Grande depressione». E tanto è sentito il problema che persino uno solitamente prudente come Fabrizio Cicchitto - da sempre convinto che il sostegno a Monti non si possa mettere in discussione - mette nero su bianco le sue perplessità. «Se il governo vuole durare fino al 2013 senza fare l’errore di ritenere che la sua missione consista nel tramutare un necessario rigore in una sorta di rigor mortis della società italiana - dice il capogruppo del Pdl alla Camera - allora deve muoversi su tre punti: abbattimento del debito, riduzione della pressione fiscale e una politica verso l’Europa non più subalterna alla signora Merkel». E anche il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli auspica che il governo sia «in grado di ricollocare la sua azione» in questa prospettiva: a quel punto «sarebbe difficile per chiunque negargli un sostegno politico pieno e non più di circostanza».

Insomma, chiosa Cicchitto, «il discorso sulla durata del governo Monti è strettamente legato ai contenuti come del resto è nella logica di un governo tecnico». Tradotto: «Non si può essere insieme così arroganti e ciechi da pretendere che i partiti sostengano un governo solo sul terreno di un rigore che porta alla recessione». Bisogna invece «combinare rigore e crescita».

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