Bersani spalle al muro sulla Rai: sale sull’Aventino, ma resta solo

Bersani spalle al muro sulla Rai: sale sull’Aventino, ma resta solo

RomaPiù che quella di un asino di Buridano o di un Arlecchino servo di due padroni, la poltrona del segretario del Pd si rivela sempre più come un puntello in bilico sull’abisso. Del vestito di Arlecchino, la tappezzeria sulla quale siede Pier Luigi Bersani ha le pezze multicolori che il segretario è costretto a tenere assieme con fili gracili, e sempre sul punto di strapparsi.
Messo alle strette dalla politica concreta di un governo «tecnico» che «tecnico» non è, il leader del Pd è costretto a barcamenarsi come mai prima. Questo il senso del prudente commento sui «passi avanti» compiuti dall’intesa su lavoro e giustizia, che tengono il partito su una graticola i cui manici sono tenuti da Monti e sotto la quale arde il fuoco della Cgil (ancor più della Fiom) e di quella che fu l’intesa con Di Pietro. Ma ancor di più lo stringatissimo sentiero su cui s’inerpica Bersani è evidente sulla questione Rai, il punto «irrinunciabile» per il Pd, che si è detto pronto a non partecipare alla nuove nomine se non verrà modificata anche la legge Gasparri. Un «Aventino» per le poltronissime della tv pubblica che sarà assai difficile mantenere, alla prova dei fatti. Fatti che pare si materializzeranno presto in una sottile mediazione del premier, pronto a concedere un avvicendamento nella dirigenza di Viale Mazzini con nomi da lui scelti con il bilancino professorale, ma senza procedere né al «breve commissariamento» chiesto da Bersani, né tanto meno a una modifica delle norme di «governance» televisiva. A prova di ciò, la circolazione ieri vorticosa di nomi «papabili»: da Piero Angela(subito sfilatosi) a Giulio Anselmi, da Claudio Cappon a Mario Resca per la presidenza; da Rocco Sabelli (ora in Alitalia) a Enrico Bondi (Parmalat) per la direzione generale. Qualora Monti optasse per personalità di sua scelta, come potrebbe mai venirne fuori un «no» del primo partito che lo sostiene?
L’insostenibile pesantezza di essere Bersani (almeno in questo momento) arriva invece al clou nel dibattito sulle future alleanze politiche. Con le Amministrative alle porte, il segretario del Pd si trova a dover fronteggiare anche un’imprevista (imprevedibile) foto twittata da Pier Ferdinando Casini durante il vertice, che lo vede ritratto con il leader dell’Udc e Angelino Alfano, sotto lo sguardo benedicente di Monti, quasi a delineare un’intesa che dovrebbe reggere anche dopo le Politiche del 2013 e sostituire così la sbiadita «foto di Vasto» con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro. E questo non soltanto per la prevedibile posizione critica assunta dal capo di Sel e da quello dell’Idv sul vertice di Palazzo Chigi («Rassicurazioni bugiarde dopo accordi nelle segrete stanze», ha sparato Di Pietro; «La riforma del lavoro sembra quella di Berlusconi», ha denunciato Vendola). Nel partito ormai sono in tanti ad ascoltare le sirene montiane e a chiedersi, come esplicita Giorgio Merlo: «Ma c’è ancora qualcuno che vuole allearsi con Di Pietro?». Neppure lo scontato sostegno al candidato per le Presidenziali francesi Hollande sfugge alla controffensiva dell’ala destra del Pd, che ieri si è manifestata con un documento proposto da Follini e Fioroni (più altri 13 parlamentari ex-ppi) contro una sedicente «svolta socialista» del segretario (che pure per trent’anni è stato dirigente del Pci-Pds-Ds). Segnale inquietante sulla modificazione genetica ormai compiuta dal partito: un atto del genere sarebbe stato inconcepibile fino a pochi mesi fa. Bersani rischia di scoprirsi in groppa a un cavallo non suo e per nulla obbediente.


A ben guardare la polveriera sulla quale è costretto a sedere, le dichiarazioni di ieri sono l’ennesimo, piccolo e inutile capolavoro di banalità che salvano capra e cavoli: «Bene la discussione sul lavoro, ma decidono le parti sociali»; «sulla giustizia il governo farà una road-map»; «nessun veto sulla Rai, abbiamo ribadito solo che se non cambia la governance non partecipiamo»; «Oltre le foto twittate bisognerebbe ascoltare anche le registrazioni audio, assolutamente questa maggioranza non andrà oltre il 2013». Ne è proprio certo? Intanto lo scenario politico cambia, e scappatoie non ce ne sono. Prendere o lasciare. In tal caso, state sicuri: il Pd prenderà.

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