Bossi si arrende: la Lega nelle mani di Maroni

Storico passaggio di consegne in casa Lega: è finita l'era di Umberto Bossi. Il Senatùr ha dato il via libera alla candidatura di Maroni: "Non dobbiamo dare l’idea che siamo divisi, serve un candidato unico". A giugno l'ex ministro diventerà segretario del Carroccio. L'ex leader resterà "presidente fondatore" del movimento padano

Bossi si arrende: la Lega nelle mani di Maroni

Passaggio di consegne in casa Lega. Il via libera (verbale) è arrivato al termine del Consiglio federale. Il padre fondatore del Carroccio Umberto Bossi ha "benedetto" la candidatura unica dell'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni alla segreteria federale della Lega Nord. Una candidatura unica che serve a "garantire l’unità del partito".

Per il momento si tratta di un accordo verbale. Il documento sarà siglato più avanti. Quello che conta è stato detto: dopo gli scandali che il mese scorso hanno travolto i vertici del Carroccio, il Senatùr ha deciso di farsi definitivamente da parte e lasciare il timone nelle mani di Maroni. Si chiude definitivamente un'epoca. Il Capo - così è soprannominato Bossi dai militanti più stretti - cede la guida del movimento all'ex titolare del Viminale che, dopo il repulisti generale per cacciare chi era coinvolto insieme all'ex tesoriere Francesco Belsito nella gestione ballerina dei conti del partito e dopo la batosta incassata la scorsa settimana al primo turno delle amministrative, sta cercando di rilanciare la Lega nell'agone politico. Oggi pomeriggio il Consiglio federale, riunito nel quartiere generale di via Bellerio a Milano, ha affrontato soprattutto questioni legate alla riforma dello statuto dei lumbard che sarà modificato al Congresso federale di fine giugno. "Bisogna mantenere il partito unito", avrebbe ripetuto più volte il Senatùr durante il vertice di oggi pomeriggio.

Stando alle indiscrezioni, Bossi avrebbe parlato di un accordo che prevede Maroni segretario affiancato da tre vicesegretari: due avranno un ruolo operativo (presumibilmente un lombardo - gira il nome di Matteo Salvini - e un piemontese), mentre l’altro, di sicura provenienza veneta, svolgerà la funzione di vicario del segretario, un vero e proprio numero due (si fa il nome di Luca Zaia). Al Senatùr verrebbe, invece, riservata la carica di "presidente fondatore". I triumviri si affrettano, però, ad assicurare che quella del Senatùr non è una resa a Maroni. "Bossi non ha ritirato la sua candidatura da segretario federale della Lega - ha fatto notare Manuela Dal Lago - dl momento che in consiglio federale non l’aveva mai posta".

Non si tratta, quindi, di un’investitura di dieci giorni, come è stata quella di Besozzo (annunciata il 21 aprile e sconfessata con il lancio della propria ricandidatura il primo maggio). Ma un atto ufficiale, davanti al massimo organo esecutivo del movimento.

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