Il miglior encomio postumo, e involontario, gliel'ha tributato un ascoltatore, telefonando a Radio anch'io e salutando così Ruggero Po: «Buongiorno, dottor Forbice». Al che il conduttore del programma mattutino di Radio 1 ha sobbalzato: «Addirittura!». Espressione di sorpresa più che giustificata, non solo perché Aldo Forbice, il padre di Zapping, è considerato un numero uno, ma soprattutto perché, dopo 18 anni e mezzo di onorato servizio (qualcosa come oltre 5.000 puntate, trasmesse dal lunedì al venerdì nella fascia oraria 19.40-21 all'insegna dello slogan «Alla radio l'informazione tv e non solo»), non va più in onda. Epurato. Non è servito a salvarlo neppure l'appello che 32 fra direttori di testata, opinionisti e docenti universitari di vario orientamento hanno rivolto al presidente, al direttore generale e al consiglio d'amministrazione della Rai.
Dire che Forbice - abituato a presentarsi in studio anche con 40 di febbre pur di non mancare all'appuntamento vespertino con i suoi 700.000 ascoltatori - se l'aspettasse, è dir poco. Nonostante ai piani alti di viale Mazzini gli avessero garantito il ritorno alla conduzione dopo la sosta forzosa di luglio e agosto, il suo congedo rivolto agli ascoltatori nella puntata del 29 giugno non lasciava molto spazio alla speranza: «Io tornerò a settembre, l'impegno è questo. Se non venisse mantenuto per strane motivazioni che potete immaginare, troverò il modo di rivelare le vere ragioni di questo mio - diciamo - allontanamento».
Eccomi qua. Riveli.
«Sono in pensione dal 2007. Il contratto di collaborazione con la Rai veniva rinnovato in modo automatico. Ai primi di giugno, Antonio Preziosi, direttore di Radio 1 e del Giornale radio, mi comunica che una circolare del direttore generale Lorenza Lei vieta di ingaggiare i pensionati. Però mi lascia intendere che ci sono margini di manovra. In un secondo colloquio s'impegna a farmi tornare a settembre. C'incontriamo una terza volta, al circolo sportivo Aniene, a una festa in onore del nuovo direttore generale Luigi Gubitosi, e mi riconferma questo proposito. Dopodiché silenzio totale. Il 30 luglio gli mando un'e-mail di sollecito. Mai avuto risposta».
Non capisco. Dino Sorgonà ha 71 anni, eppure tutte le sere firma i servizi d'apertura del Tg1 che stanno a cuore a Mario Monti, alla Banca d'Italia e a Confindustria.
«Ma se lo stesso direttore del Tg1 è un pensionato! E Osvaldo Bevilacqua, che ha la mia stessa età, 72 anni, e continua a condurre Sereno variabile su Rai 2? E Bruno Vespa, classe 1944? E Gianni Bisiach, che a 85 anni cura ancora Un minuto di storia per il Tg1? E tanti altri».
Allora perché solo al pensionato Forbice non viene rinnovato il contratto?
«Pago la campagna Sforbiciamo i costi della politica, da me lanciata nel novembre 2011, quando ancora il tema non era di moda come oggi. Premetto che le petizioni di Zapping, sia che fossero contro la pena di morte o per le quote rosa, sono sempre state accolte dalla Rai con fastidio. Per quelle sui diritti umani una volta protestava l'ambasciata della Cina, potentissima, un'altra quella dell'Iran. Quando ho toccato Cuba, non parliamone: attacchi furibondi. A Preziosi avevo proposto una campagna per l'abolizione delle Province. Risposta: Per carità, s'incazza la Lega. Alla fine ha accettato obtorto collo quella sui costi della politica. In due mesi e mezzo abbiamo raccolto 530.000 adesioni. E parlo di buste spedite dai vecchietti, con i francobolli».
Sono più firme di quelle necessarie per un referendum abrogativo.
«Già. In Commissione di vigilanza Rai, che ha dedicato ben due sedute all'argomento, sono stato azzannato da Pancho Pardi, senatore dell'Italia dei valori, tanto che m'è toccato telefonare al segretario Antonio Di Pietro per chiedergli conto di tanta virulenza. Mi pare strano, gli parlerò io, ha minimizzato. Mi aspettavo che il presidente Sergio Zavoli, un tempo socialista come me, mi difendesse. Macché, s'è associato al coro, sostenendo che Zapping screditava la politica. Mi è stato riferito che Lorenza Lei, convocata d'urgenza, avrebbe assicurato a lorsignori: Il problema lo risolviamo».
Missione compiuta.
«Ho chiesto udienza al presidente della Camera, Gianfranco Fini, per esporgli i contenuti della campagna contro gli sprechi. L'ho trovato molto disinformato, si faceva assistere da un consigliere giuridico. Ha sostenuto che i vitalizi erano stati aboliti. Ho obiettato: e quel parlamentare che percepisce oltre 3.000 euro al mese per un solo giorno di legislatura? I deputati fanno resistenza persino per l'adeguamento dei prezzi del ristorante di Montecitorio. Se fonderà il partito di Zapping, m'iscriverò, s'è difeso. Ho avuto più solidarietà dal presidente del Senato, Renato Schifani. Quanto al premier Mario Monti, mi ha fatto sapere da una sua assistente che non aveva tempo per ricevermi».
Dello Zapping 2.0 condotto da chi ha preso il suo posto, Giancarlo Loquenzi, che pensa?
«È un'altra cosa. So che Loquenzi è una creatura di Marco Pannella. Già direttore di Radio Radicale, è stato capo ufficio stampa del Senato. Avrà gli appoggi giusti. Del resto Preziosi tolse a Giorgio Dell'Arti la conduzione di Ultime da Babele, seguitissima, proponendogli di traslocare in una rassegna stampa notturna, che poi fu affidata sempre a Loquenzi. Mi sarei aspettato che alla prima puntata dicesse almeno: Salutiamo Aldo Forbice. Non l'ha fatto. Poco elegante. Zapping io l'avrei condotto anche gratis. A ogni denuncia dei redditi, il mio commercialista mi dava del matto: Ma come? Lo fa per questa cifra ridicola?».
L'accusa d'aver alimentato l'antipolitica è paradossale, considerato che a un fan di Beppe Grillo lei replicò: «Quel signore che guadagna 4 milioni di euro, 4 milioni di euro l'anno!». E se la prese con gli «allocchi che ancora stanno a sentire le cretinate di Grillo».
«In 48 ore ricevetti 3.500 e-mail di protesta. Il fatto è che i fanatismi prescindono dai contenuti. A volte citavo una proposta di legge del centrodestra e subito un ascoltatore di sinistra telefonava per dire: Vergogna!. Allora gli facevo notare che Walter Veltroni, magari, aveva presentato un provvedimento analogo nelle precedenti legislature. In Italia l'appartenenza prevale sulla sostanza, ahimè».
Qualcuno le è stato vicino dopo il defenestramento?
«A parte la gente comune, solo Francesco Storace, che non conosco. Ha chiamato Zapping 2.0 per darmi la sua solidarietà in diretta. Gli ho telefonato per ringraziarlo. È stata una vigliaccata, mi ha confermato. Per il resto, tutti zitti: Usigrai, Ordine, Fnsi, Articolo 21. Non sono mica un Michele Santoro da difendere, io».
Lo sa che in Rai e nel milieu parlamentare hanno persino fatto circolare la voce che lei porti iella? Nessuno osa pronunciare il suo cognome.
(Ride). «Questa mi mancava. La prendo come uno scongiuro. Quando un giornalista smette di lavorare, è morto».
Ma che cosa s'aspettava? Di condurre Zapping a vita?
«Di arrivare a festeggiare i 20 anni. Era come un figlio, per me».
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.