Il calcio delle toghe: a Cagliari in manette il presidente Cellino

Le accuse sono falso e tentato peculato: il nuovo stadio ristrutturato con finanziamenti destinati ad altri progetti

Il calcio delle toghe: a Cagliari in manette il presidente Cellino

Il ritratto che gli dedica il giudice è davvero a tinte scure: Massimo Cellino, il presidente del Cagliari, «ha spiccate capacità delinquenziali» ed «è capace di qualsiasi genere di sotterfugi pur di raggiungere i propri scopi». Cellino, in verità faceva anche ricorso su scala industriale al Tar e il Tar della Sardegna, nell'Italia dei cento campanili, dei cento tribunali e delle cento sentenze, gli ha dato ragione proprio nella giornata in cui è finito in carcere. Un paradosso beffardo sullo sfondo della telenovela che, domenica dopo domenica, si svolge intorno allo stadio Is Arenas, nei dintorni di Cagliari. L'impianto sportivo è stato ristrutturato negli ultimi mesi da Cellino che non ne voleva più sapere di far giocare la sua squadra al Sant'Elia, a sua volta assai malandato, solo che la ristrutturazione non è ancora terminata e Cellino ha forzato la mano, in un braccio di ferro continuo con le istituzioni su un'agibilità sempre in bilico. Il Cagliari, come sanno i tifosi, ha giocato qualche partita a Trieste, poi ha cominciato a vagare per l'Italia. Ieri il Tar ha dato ragione alla società sarda a proposito del match Cagliari-Roma del 23 settembre scorso, rinviato su ordine del prefetto e poi assegnato alla Roma per 3-0 a tavolino dal giudice sportivo. Ora si scopre che in teoria l'incontro potrebbe essere ripetuto, in un caos quasi inestricabile di legislazioni diverse e sovrapposte, ma questa vicenda diventa un dettaglio marginale davanti al blitz della magistratura: in manette sono finiti Massimo Cellino, il sindaco di Quartu Mauro Contini e l'assessore allo sport Stefano Lilliu. I tre sono accusati di tentato peculato e falso.

In sostanza, una parte dei lavori per sarebbe stata finanziata con i fondi che invece avevano un'altra destinazione: la risistemazione del quartiere perché al robusto maquillage dello stadio avrebbero dovuto provvedere solo e soltanto le casse del Cagliari. Ma questo è un capitolo di una storia ancora più torbida, a leggere l'ordinanza di custodia: «È del resto egli stesso che spiega al telefono come la scelta di Quartu sia stata determinata dalla disponibilità del Comune alla cessione del proprio campo di calcio, definito un campo di patate, e soprattutto perché gli avrebbero permesso di realizzarlo con una semplice autorizzazione piuttosto che con una vera e propria concessione edilizia». In un'intercettazione, a tratti surreale, Cellino spiega in modo colorito il suo rapidissimo cronoprogramma: «L'ho fatto a giugno, luglio, agosto... perché se lo comincio adesso non lo faccio più, perché si comincia a muovere gli ambientalisti, paesaggistica, gli amici della terra, gli amici delle rane sultane... non avremmo fatto più nulla. Sono andati in ferie, sono tornati e si sono trovati lo stadio nuovo, non potevano fare più nulla».

A quanto pare, pur di realizzare lo stadio tutto suo, Cellino era disposto a tutto. Il 20 ottobre 2012, davanti ai dubbi di Contini che non voleva firmare l'autorizzazione per la partita successiva, il presidente non si perde in spagnolismi e minaccia di «sputare in faccia» al suo interlocutore.

E un dirigente comunale, Pierpaolo Gessa, pure ammanettato in una precedente fase dell'indagine, ha raccontato che Cellino gli telefonava nel cuore della notte minacciando pure lui - «Me l'avrebbe fatta pagare personalmente» - se non fossero arrivate le recinzioni per Is Arenas. «Se non porti a termine questo tipo di lavori - gli avrebbe sibilato - il cu... che vado a cercare non è uno qualsiasi ma quello tuo».

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