Caro Grillo, mi costituisco: aggiungi il mio nome nelle liste di proscrizione

Il leader del M5S invita i suoi a segnalare i giornalisti critici. E io mi faccio avanti

Caro Grillo, mi costituisco: aggiungi il mio nome nelle liste di proscrizione

Caro Beppe Grillo, mi autodenuncio. Mi costituisco. Ti evito di sguinzagliare le tue truppe cammellate di osservatori. Iscrivimi pure alle tue liste di proscrizione, questo articolo è valido come autocertificazione. Sono un giornalista, categoria a te particolarmente invisa, sono stato – e sono – piuttosto critico con la tua bizzarra e fortunata creatura politica. Sono, come diresti tu, uno scribacchino ostile al Movimento 5 Stelle? No, non credo. Nessuna preclusione e nessun pregiudizio. Ma non mi convincono le derive autoritarie, la velocità con cui metti alla porta chi ti critica e la leggerezza con cui vagheggi democrazie dirette e Bengodi che ci attendono appena dietro l’angolo della tua villa genovese. Vogliamo parlare della truppa che hai portato in Parlamento? Tra insulti, sirene, microchip, baci omosex sugli scranni della Camera, occupazioni, gite sui tetti e minacce di sputi più che rappresentanti del popolo sovrano sembrano un carnevale permanente o al massimo la caricatura del loro supremo leader.

Diciamo che la mia è un’ipoteca. Metto le mani avanti. Voglio lasciarmi la libertà di poterti criticare, quando lo ritengo opportuno. Quindi tanto vale anticipare l’iscrizione. Che poi non è una novità, è un tuo vecchio pallino. Già nel 2008, quando il Movimento era ancora di là da venire, avevi lanciato sul tuo blog un’iniziativa sobriamente denominata “sputtaniamoli”. Il messaggio, come al solito, non si nascondeva dietro alla tenda degli eufemismi. Neppure il simbolo era vagamente allusivo: una gogna. Nel mirino, già allora, c’erano i giornalisti che osavano criticarti e sostenere che prima o poi saresti entrato in politica (ti agevolo nella ricerca di pezze d’appoggio per la mia condanna: ne scrissi cinque anni fa, proprio su questo giornale). Ora sei uscito allo scoperto e hai chiesto alle tue legioni virtuali di ricoprire di insulti reali chi si pone delle (legittime) domande sul Movimento. Qualche maligno – ti consiglio di mettere anche lui al confino, almeno ci faremo compagnia – ha ricordato che la tua chiamata alle armi somiglia al discorso che nel 1928 tenne ai giornalisti nientepopodimenoche Benito Mussolini. La solita esagerazione da pennivendoli. Insomma, facciamola finita: spara al cuore, spezza la penna, stacca la spina del pc, infrangi il cristallo dell’iPad. Alla fine ai giornalisti dissenzienti, come la capolista e collega Oppo, spetta solo una raffica di insulti. Roba leggera, dirai tu, tipo “baldracca”, “racchia”, “frustrata”. E poi, ovviamente, le minacce.

Certo è poca roba rispetto ai colleghi che rischiano di finire dietro le sbarre per aver detto la verità. Ma il passo è breve. La direzione è quella.

P.S: Ti anticipo, caro Beppe, questa non è una difesa di categoria o di corporazione (che serve a poco), semmai è una questione di libertà.

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