Il Cavaliere non parla in Senato, per difendersi sceglie la piazza

Lo sfogo dell'ex premier: "Il Pd vuol mettermi le manette ai polsi". Nuovi rumors di richieste d’arresto

Il Cavaliere non parla in Senato, per difendersi sceglie la piazza

Avrebbe voluto esserci, tanto dall’aver già scritto buona parte dell’inter­vento da tenere in Senato prima del voto sulla decadenza. Poi il Cavaliere si è immaginato la sce­na: un attimo dopo il voto, il pre­sidente Pietro Grasso che pro­nuncia la formula di rito e invita Silvio Berlusconi«a lasciare l’Au­la » di Palazzo Madama. Così, l’ex premier si è convinto non fos­se il caso di consegnare ai posteri le immagini di un congedo dal Parlamento tanto mesto. Decisamente meglio la piaz­za, anche per dare l’immagine di qualcuno che è ancora intenzio­nato a lottare che è quello che Berlusconi ha intenzione di fare. Domani dopo pranzo, quindi, parlerà davanti alla sua gente che si radunerà a via del Plebisci­to, davanti a Palazzo Grazioli, co­me­già successo il 4 agosto quan­do ancora bruciava la ferita della sentenza della Cassazione. Sarà lì – mentre a poche centinaia di metri Palazzo Madama sancirà la sua decadenza- che Berlusco­ni ancora una volta punterà il di­to contro «chi vuole eliminare un avversario politico per via non democratica». Saranno pa­role ben più pesanti della lettera che ieri il Cavaliere ha mandato ai senatori di Pd e M5S invitando­li a «riflettere prima di prendere una decisione così grave».

Il Cavaliere, infatti, vuole un’assunzione di responsabilità piena da parte di chi ha deciso di votare la sua decadenza. «De­v’essere chiaro –
è il senso dei ra­gionamenti di queste ore – che il Pd sta scegliendo di mettermi le manette ai polsi». Già, perché Berlusconi è convinto che quel­lo di domani sia solo il primo pas­so per un fuoco di fila da parte delle Procure. Senza più l’om­brello dell’immunità parlamen­tare, infatti, qualunque richiesta di arresto non avrebbe più il fil­tro di un voto della Camera di ap­partenenza. E i rumors racconta­no di s­orprese in arrivo sia da Na­poli che da Bari, senza considera­re – questo temono i legali del Ca­valiere – che a Milano si apre il Ruby ter. Dopo il deposito della sentenza sul Ruby bis che dovrà avvenire entro il 3 dicembre, quasi certamente prima di Nata­le-Ilda Boccassini chiederà il rin­vio a giudizio di Berlusconi per corruzione di testimoni, reato per il quale è peraltro possibile chiedere una misura cautelare (carcere o domiciliari).

Il quadro, insomma, non è per nulla rassicurante. Per il Cavalie­re, ovviamente. Ma forse anche per chi vorrebbe evitare che la si­tuazione degeneri fino a questo punto, perché un Berlusconi in carcere sarebbe un problema an­che per i centristi, per non parla­re di Angelino Alfano e del Nuo­vo centrodestra e pure del Pd. Non è un caso che ieri Pier Ferdi­nando Casini abbia ventilato la possibilità di un rinvio del voto sulla decadenza, forse proprio per scongiurare un simile ri­schio. Perché se davvero doves­se finire dietro le sbarre- è il timo­re che manifestano molti sia in
Scelta Civica che tra i Democrati­ci – il rischio è che alla fine passi per vittima, magari ricompattan­do il suo elettorato e tornando al 30%. Si annunciano, insomma, giornate calde. Anche perché Berlusconi - che ieri ha cenato con Vladimir Putin - non sem­br­a avere alcuna intenzione di fa­re un passo indietro. Anche fuori dal Parlamento, ripete, conti­nuerò a fare politica e resterò in prima fila. «Continuerò a dire la mia finché avrò fiato», insiste con deputati e senatori che han­no occasione di vederlo. Nessu­na ritirata, dunque. E nessuna fu­ga all’estero come qualcuno ha ventilato. «Non ci penso pro­prio », dice in conferenza stam­pa. E non solo perché la sua vita è qui in Italia ma anche perché – confidava giorni fa ad un ex mini­stro – «non gli farò il favore di ri­solvergli il problema così facil­mente ».

Come a dire che un esi­lio dorato del Cavaliere è quello che si augurano i suoi avversari che in questo modo riuscirebbe­ro a toglierselo di mezzo senza metterci la faccia. Invece – insi­ste Berlusconi – ognuno dovrà assumersi le sue responsabilità. A partire dal Pd, ma non solo.

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