Roma - La nuova destra scalda i motori. Il pilota c'è: Giorgia Meloni, volto pulito e giovane. Il colore della carrozzeria pure: nero, ovvio. La benzina non manca: Fratelli d'Italia ha raddoppiato i consensi dalle politiche di febbraio alle amministrative di maggio. Si parte con dubbi. Chi ci sta? Non è che si sbanda troppo a destra? Massimo Corsaro, uno dei big che domani da Milano accenderà la macchina assieme a Meloni, La Russa, Crosetto, Rampelli e altri, spiega il senso dell'operazione «Verso un nuovo centrodestra». Dice al Giornale: «Il Pdl ha perso 8 milioni di voti e senza Berlusconi quel partito svanisce. Non svanisce l'elettorato, però. E noi vogliamo dargli una casa». Cosa che vuole fare anche il Pdl, però. «Faremo come in Francia dove per anni il centrodestra ha due anime: una giscardiana, filogovernativa, che prima pensa di vincere e poi a cosa fare; l'altra, gollista, più identitaria. Noi saremo la costola gollista». Parole d'ordine: più liberali in economia, più conservatori nei valori.
Alleati a Berlusconi ma che pensano già al post Berlusconi. La Russa spiega: «Non si può più affidarsi soltanto ai colpi di reni, sempre più faticosi, del Cavaliere. Bisogna creare un partito che sia una gamba di una coalizione in grado di vincere». Svolta generazionale è l'altro jolly dei fratellitalioti. E la «cosa nera» ha già un leader che più giovane non si può: Giorgia Meloni, classe 1977, junior e pure donna. La Renzi dei moderati. «È il volto cui affidiamo la nostra immagine», la lancia La Russa.
La «cosa» parte, quindi; col terrore di sbandare troppo a destra. Dietro le quinte non sono mancate le frizioni con Crosetto in prima fila a dire che «no, non si può certo fare una Rifondazione aennina, né tantomeno una Rifondazione missina». La Russa s'è convinto anche se, nella truppa, è quello che ripete più spesso: «I voti da recuperare sono a destra». Ma anche lui sotterra le malinconie: «Non c'è alcuna intenzione di mettere le lancette della storia politica indietro o di fare operazioni nostalgia», giura. E tutti a dire: «E poi Crosetto non è certo ex aennino. Idem Cossiga». Altra prova? Ospite d'onore, al battesimo del week end milanese, ci sarà l'ex ministro dell'Economia Tremonti. Che è tutto fuorché vicino agli ex An. Non solo: Crosetto s'è speso affinché la «cosa» imbarchi anche quelli di Fare di Giannino e gli iperliberisti dei Tea Party. Sì, insomma, che non sia una riserva indiana troppo nera.
Ma di fatto è in quel mondo lì che pesca. Un mondo mandato in frantumi da Fini, liquidatore del Msi prima, di An poi. Già, Fini. Lui s'è fatto da parte. «Ha ritenuto di essere fonte di divisione. Prendiamone atto - dice il suo colonnello Roberto Menia - Poi, certo, quando la polvere si sarà depositata...». Tra i finiani, chi si dà da fare come una trottola per salire sul carro della destra è Bocchino, trombato di lusso, che nei giorni scorsi ha cercato di riannodare i fili con gli ex amici, lealisti a Berlusconi, Moffa, Viespoli, Alemanno. A tutti ha detto: «Siamo senza casa. Rimettiamoci insieme». Italo è andato oltre: «Alle Europee del 2014 presentiamoci con il simbolo di An».
Altolà: il simbolo è di proprietà della Fondazione e nella Fondazione, i cui soci si riuniranno in a luglio, ci sono ex An che non ci pensano nemmeno a salire sulla «cosa». Non ci sta Matteoli; non ci sta Gasparri; non ci sta Augello; sono molto dubbiosi Landolfi, Malgeri e Urso.
E se Marcello De Angelis, direttore del Secolo d'Italia, dice sconsolato: «Se credo a una cosa nuova? Non credo a una cosa vecchia», Amedeo Laboccetta graffia: «Manca il leader. Non vedo una Le Pen. Nemmeno in miniatura».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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