Delmastro: "Spezzare le reni al correntismo dei giudici". E i dem gridano al fascismo

Il sottosegretario alla Giustizia parla della riforma del Csm. L'opposizione, anziché guardare ai problemi della magistratura, chiede la sua testa

Delmastro: "Spezzare le reni al correntismo dei giudici". E i dem gridano al fascismo
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Un vecchio adagio recita così: "Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito". Saggezza popolare e spicciola che ben si confà al Partito democratico, in fibrillazione da ieri sera per un nonnulla. Succede, infatti, che, anziché concentrarsi sul pessimo stato di salute della magistratura, le truppe di Elly Schlein (e i pentastellati al seguito) perdano tempo a inseguire mozioni di censura e a pretendere dal premier Giorgia Meloni la revoca di deleghe. Il tutto per una frase che, a loro dire, prefigura "nostalgico autoritarismo", se non addirittura "la sostanza dell'aspirante sovversivo". In poche parole l'ombra del Ventennio (ancora!) al governo.

La polemica puzza di déjà-vu. Sia per il condannato al patibolo, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che nei giorni scorsi ha subito il linciaggio dopo il rinvio a giudizio sul caso Cospito, sia per il tema, il trito e ritrito allarme fascismo. È bastato che Delmastro citasse Benito Mussolini che, apriti cielo, il plotone di esecuzione imbracciasse i fucili per sparare. A salve, ovviamente, perché, se poi si va ad ascoltare bene il contenuto del tanto criticato discorso del sottosegretario alla Giustizia, di nostalgie per il Ventennio che fu non c'è alcunché. Ieri sera, durante un evento organizzato da Fratelli d'Italia ad Aosta, Delmastro ha rimarcato l'importanza della riforma del Csm che "prevede di 'spezzare le reni' al correntismo cancerogeno che lede anche l'onorabilità della magistratura". Per dirla in altri termini, ma sempre con le parole del deputato piemontese, è necessario "intervenire in maniera radicale con meccanismi di sorteggio" per evitare di "assistere al triste spettacolo" denunciato da Luca Palamara nel libro "Il sistema". In questo senso, dunque, lo "spezzare le reni", non certo un richiamo al Duce o al fascismo.

Ma gli acchiappafantasmi della sinistra sono subito partiti all'arrembaggio. "Quelle parole evidenziano l'inopportunità oggettiva che Delmastro resti al governo", sbraita la capogruppo dem Chiara Braga. E con lei Debora Serracchiani: "Non accettiamo questa devastazione dei rapporti istituzionali né di trasformare la riforma della giustizia in un campo di battaglia a colpi di manganello verbale". Stesso copione da Cinque Stelle, Verdi e Sinistra italiana. Si arriva addirittura a chiedere al Guardasigilli Carlo Nordo di riferire in Aula. Laddove non era riuscita la spallata dopo la decisione del gup di Roma Maddalena Cipriani di rinviarlo a giudizio, l'opposizione tenta ora l'assalto alla dirigenza sbandierando, appunto, il più classico dei cavalli di battaglia: la deriva autoritaria. Peccato: un'altra occasione persa.

Avrebbero potuto intervenire nel dibattito per garantire agli italiani una giustizia più giusta, per riformare una magistratura che negli anni ha saputo mostrare i suoi tantissimi limiti e soprattutto per impegnarsi affinché certe storture, nel nostro sistema giuridico, non si ripetano più. Hanno preferito tenersene alla larga. Chissà se per collusione o per miopia.

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