Diritti tv, guerra Sky-Mediaset. In campo anche i conduttori

In palio la torta 2015-2018, la D'Amico spara: "Le regole non si cambiano in corsa". La replica di Taveri su Italia 1: "Un giocatore non può dire come si arbitra..."

Una telecamera riprende un match di calcio a San Siro
Una telecamera riprende un match di calcio a San Siro

Bando alle remore, scendono in campo anche i conduttori. La guerra tra Sky e Mediaset per la conquista dei diritti televisivi della Serie A, triennio 2015-2018, si combatte senza esclusione di volti. Volti noti dei tg o dei talk show. Anzi, si combatte con la loro agguerrita partecipazione. È una novità, un cambio di passo. Fino all'altro giorno manovre e strategie per aggiudicarsi le esclusive delle partite, campionato italiano o coppe europee, avvenivano negli uffici di manager e dirigenti. Ora non è più così. Ha cominciato Ilaria D'Amico su SkySport, approfittando dell'imminente calcio d'inizio tra Italia e Costarica. Le ha replicato ieri Mino Taveri nell'edizione di pranzo di Sport Mediaset, tg d'Italia Uno. Un botta e risposta che, alla vigilia della riunione della Lega calcio di domani, fa comprendere quanto sia alta la temperatura dello scontro. «In questi giorni si sta giocando un'altra partita, fondamentale per il futuro del calcio italiano: quella dei diritti televisivi della Serie A», ha premesso la bella Ilaria rivolgendosi all'ampia platea sintonizzata. «Noi qui a Sky continuiamo a pensare che anche questa partita si giocherà in maniera seria, trasparente e corretta e che quindi questi diritti televisivi verranno assegnati a chi ha segnato più gol e quindi merita di vincerli. È importante non cambiare le regole in corsa», ha proseguito il suo accorato appello la conduttrice della pay tv. «È importante per il futuro del calcio italiano, per le tante migliaia di persone che ci lavorano, per i giocatori che giocano in campo, ma soprattutto per i milioni di tifosi che vivono di passione, di gioia, di tristezze, di cuore e anche del rispetto delle regole nelle quali bisogna continuare a crescere». Nella gara in questione Sky ha presentato le offerte più alte per i pacchetti delle prime otto squadre sia via satellite (420 milioni) che per il digitale terrestre a pagamento (316), piattaforma per la quale potrebbe utilizzare quattro canali di Telecom. Per il pacchetto delle restanti dodici squadre l'offerta più concorrenziale è di Mediaset. Ora la polemica verte proprio sul diritto a conquistare l'esclusiva su più piattaforme. Secondo una parte degli addetti ai lavori Lega e Infront (la società che materialmente gestisce i diritti) avevano concepito il bando nell'intenzione di assegnare a due soggetti diversi i pacchetti principali (dei cinque totali), in rispetto all'articolo 9 comma 4 del decreto Melandri secondo il quale «è fatto divieto a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette». Secondo un'altra scuola di pensiero la posizione dominante si sostanzia nella conquista di quattro dei cinque pacchetti complessivi (ci sono anche interviste e highlights e visioni online). Ironica, ma al contempo molto dura, la replica di Taveri su Sport Mediaset: «Alla vigilia della settimana decisiva, Sky, che è, nella metafora della partita, giocatore in campo esattamente come Mediaset, ha affidato a Ilaria D'Amico un appello il cui senso è questo: vince chi segna di più rispettando le regole. Ecco, il punto sono proprio le regole, che non possono essere evocate per gli altri e disattese in proprio. In una partita ideale, nel calcio cosiddetto pulito, il giocatore non può essere anche l'arbitro, tanto meno può dire come si deve arbitrare.

Se poi si richiama l'essenza dello sport solo come vittoria a suon di gol, i gol devono essere fatti con regole condivise da tutti, con un soggetto terzo che sancisce falli, rigori, cartellini gialli e rossi e i fuorigioco. Soprattutto quando in fuorigioco ci finiscono, oltre ai giocatori, anche gli appelli». Bando alle remore e bando alle regole?

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