“Quel ruolo si conquista, non è dato. La competizione è aperta per tutti, Schlein e altri. Io ho visto con favore l’inizio della discussione, ma non decido io come va avanti”. Romano Prodi, intervistato da Repubblica, demolisce ancora una volta il ruolo di Elly Schlein come ‘federatore’ della coalizione di centrosinistra.
Gli esponenti della sinistra italiana, evidentemente, amano pugnalarsi alle spalle a vicenda. Basti pensare che Schlein assurse al favore delle cronache nazionali nel lontano 2013 col movimento #OccupyPd per protestare contro l’allora nascente governo di larga coalizione di Enrico Letta, ma anche in segno di solidarietà proprio nei confronti di Prodi la cui corsa al Colle era stata sbarrata da 101 franchi tiratori. Oggi, invece, il professore bolognese, proprio come Paolo Gentiloni e Dario Franceschini, prende abbondantemente le distanze dalla Schlein. L’ex ministro della Cultura, a differenza di Prodi, non nutre nostalgia per l’Ulivo e ritiene non riproponibile un’alleanza strutturale di centrosinistra, ma entrambi sono appunto accomunati dal desiderio di mettere i bastoni tra le ruote alla segretaria del Pd. Franceschini, un po’ a sorpresa, era stato uno dei primi sostenitori della Schlein durante la campagna per le primarie del Pd e, ora, sembra pronto a mollarla. D’altronde Franceschini non è nuovo a operazioni di questo tipo. Già in passato era stato prima sostenitori di Bersani, poi di Renzi e, infine, di Zingaretti.
E che dire proprio del leader di Italia Viva? Chi più di lui ha iniziato la propria carriera facendo fuori i suoi compagni di partito? Sembra passato un secolo eppure Matteo Renzi è stato l’inventore della “rottamazione”. "Io dico solo che la scelta di D'Alema è in linea con la stragrande maggioranza degli iscritti al Pd. È quello che pensano tutti. Lo pensavano pure di Veltroni”, disse Renzi nel lontano 2012 intervistato da Repubblica parlando del fatto di essere riuscito a costringere due big dell’epoca, Massimo D’Alema e Walter Veltroni, a rinunciare a candidarsi nuovamente alle elezioni Politiche. Ma l’ex premier, che nel 2014 defenestrò da Palazzo Chigi Enrico Letta e che in piena pandemia riuscì a far cadere il Conte-bis e a sostituirlo con Mario Draghi, è stato accusato più volte di aver tramato per sbarrare la strada verso il Colle a Prodi. Un’accusa che lui stessi smentì pubblicamente proprio in quei giorni:“Io le cose le dico in faccia, sempre. I doppiogiochisti non mi piacciono. Se dico che sosteniamo Prodi, lo facciamo. Se andiamo contro Marini lo... diciamo a viso aperto”, scrisse l’allora sindaco di Firenze su Facebook.
Un altro che proprio in quell’occasione venne indicato tra i cospiratori fu D’Alema che, già nel 1998 era stato accusato di aver tramato per far cadere il governo Prodi. L’ex ministro degli Esteri, chiamato in causa nel 2014 dall’allora direttore del Corriere della Sera che paragonò la staffetta tra Letta e Renzi a quella tra Prodi e lui nel lontano 1998, diede una volta per tutte la sua versione dei fatti.
“Il governo Prodi non cadde per iniziativa del nostro partito, né mai io ne sollecitai le dimissioni”, scrisse D’Alema che, poi, cercò il sostegno di Cossiga e fece di tutto “per salvare l’esecutivo” che stava per cadere per colpa di Rifondazione. Sia come sia, la sinistra italiana non ha mai perso il vizio taffaziano di farsi la guerra.
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