Editori contro Profumo: nessun accordo per i libri digitali a scuola

Gli editori bocciano il decreto: "Gli istituti non hanno sufficienti dotazioni tecnologiche"

Editori contro Profumo: nessun accordo per i libri digitali a scuola

Gli editori bocciano il decreto del governo sul passaggio ai libri digitali e soprattutto negano di aver mai siglato un accordo con il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo. Anzi, per la verità spiegano di aver chiaramente detto al ministro di ritenere il decreto "inapplicabile". Si confermano così tutte le perplessità espresse già ieri sul sito del Giornale in merito al provvedimento varato da Profumo in extremis, al tramonto del governo Monti.
Il decreto prevede che a partire dal 2014 le scuole adottino libri digitali o al massimo un sistema misto. Nello stesso provvedimento si prevede però pure una deroga. Ovvero il collegio dei docenti potrà decidere, istituto per istituto, di confermare «eventualmente» le adozioni dei testi già in uso e in sostanza andare avanti come al solito. Deroga che dimostra come questo decreto rappresenti un provvedimento di facciata dietro al quale c'è il nulla perchè i soldi per la digitalizzazione della scuola non ci sono e non si può pensare di farlo a costo zero.
All'indomani della strombazzata firma sul decreto infatti l'Aie, l'Associazione italiana Editori, fa sapere che il ministro non «ha affatto convinto gli editori della bontà» del provvedimento, sottolineando anche di non essere preoccupati soltanto per le conseguenze gravi sull'intera filiera, editori, grafici, cartai, librai e agenti.
Non c'è dubbio infatti che gli editori non abbiano alcun interesse a vedere progressivamente ridotto e poi definitivamente annullato il mercato dell'editoria scolastica che ammonta ad oltre 650 milioni di euro annui e che dunque abbiano tutto l'interesse a rimandare la digitalizzazione della scuola. Sono altrettanto vere però anche le altre problematiche messe in evidenza nel comunicato degli editori. Ovvero che le scuole non hanno dotazioni tecnologiche adeguate, a cominciare dalla banda larga. E sono ancora molto poche quelle dotate di wi-fi. Il ministro poi non sembra essersi minimamente posto il problema della mancata preparazione degli insegnanti. Quanti di loro sono in grando di gestire con disinvoltura i devices tecnologici visto che l'età media dei nostri professori è 50 anni? Anche per gli studenti si pone il problema dei supporti tecnologici: si porteranno I-pad e I-phones e e Kindle da casa?E la scuola sarà obbligata a fornirli a chi non li ha? Con quali soldi? Non solo. Gli editori accusano il ministro anche di qualcosa di più grave di una semplice mancata programmazione economica.

«Le intenzioni del ministero sembrano frutto della sola determinazione di voler favorire l'acquisto di tablet e pc e non poggiano su alcuna seria e documentata validazione di carattere pedagogico e culturale -scrivono gli editori- Così come non risulta siano state valutate le possibili ricadute sulla salute di bambini ed adolescenti esposti ad un uso massiccio di devices tecnologici». L'Aie conclude ribadendo una netta presa di distanza «da un decreto che ritiene dannoso e inapplicabile».

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