Fini e Casini tremano: rischiano l'estinzione

RomaVasetti di coccio tra vasi di ferro, gli uomini del pomposo «Nuovo centro» da qualche giorno non sanno a quale santo votarsi. Ingessato nel loden presidenziale San Mario, che non può permettersi una parola né un miracolo prima del tempo, s'è quasi esaurita la benzina anche nel motore di San Luca di Montezemolo, protettore del listone centrista che vede nella Terza Repubblica la terra promessa (e per ora solo annunciata).
E così finisce a rischio anche il grande progetto del tessitore Casini. Se il successo delle primarie del Pd aveva ridotto gli spazi di manovra, il ritorno di Berlusconi sbarra definitivamente ogni gioco di sponda e, dunque, la sospirata teoria del triangolo Bersani-Vendola-Centromontisti.
Quale leader ha la forza elettorale per sovvertire lo schema bipolare? Dicono che lo sveglio re tentenna della Ferrari, avendolo inteso d'acchito, si sia subito sfogato con gli intimi: a questo punto, avrebbe detto, «o Monti offre la possibilità politica di una convergenza di tutti i soggetti che si ispirano alla sua esperienza di governo o sarà complicato esserci». La frenata del bolide di Maranello ha provocato in molti un colpo di frusta, richiamando alla durezza del dato reale. Abortita una «grande convention» prevista per il 17 o 20 dicembre; irritate le «fonti» montezemoliane che hanno smentito dichiarazioni «in merito alla possibilità di un impegno in prima persona di Monti». Maperlamordidio: San Luca è talmente distante che non si sarebbe soffermato neppure «su considerazioni e riflessioni inerenti la prossima scadenza elettorale». Non è affar suo, insomma, a sentire il prudente staff.
Ma la verità è che questo non sembra neppure il principale dei problemi. Il patron delle Acli, Andrea Olivero, promotore del listone centrista, ormai reclama apertamente un accordo tra Bersani e Monti, dunque sembrando propenso più ad accasarsi sotto la capiente bandiera Pd che a saggiare in proprio l'infido mare elettorale. Scelta d'altronde già fatta a suo tempo dall'ottimo Tabacci, cui Bersani ha assegnato il compito di raggranellare i centristi in libera uscita sul mercato per condurli salmodiando al Nazareno.
L'idea di Olivero, pure così vicina ai marxisti per Tabacci, non è piaciuta ai vendoliani. Né, tanto meno, agli stessi montezemoliani: Gianluca Susta, esponente piemontese di Italia Futura, vede come fumo negli occhi l'ipotesi di essere «cespugli tra Bersani e Vendola».
Altra questione è analoga a quella posta dal leader della destra Storace, cioè che «non bisogna essere choosy sulle alleanze». Facile a dirsi per Storace, che per scaramanzia si contorna di Buontempo e Buonasorte. Prendiamo per esempio Fini, che si porta appresso La Morte e Della Vedova, e che - non certo per questo - viene considerato ospite sgradito dagli uomini di Montezemolo.
Il presidente della Camera è alle prese con smottamenti persino all'interno della sua cabina telefonica (in gergo, Fli). Però vorrebbe mettere al «bando i personalismi» e far partire il nuovo centro dalle primarie: rete, gazebo o qualsiasi cosa pur di non sembrare un «cartello di sigle».

Lucidamente, Fini non vede come «si possa chiedere a Monti ciò che non dipende da lui, ma da noi, che non riusciamo ad aggregarci. Se io parlo con Casini, Casini con Montezemolo e Montezemolo con me, la lista rischia di nascere nelle chiuse stanze».
Alternativa c'è: buttarla sul tressette. Col morto.

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