Fini, l’illuso che pensa di dettare condizioni

A due anni dal "che fai, mi cacci?" il suo Fli ha numeri da rottamazione. Ma lui pontifica e fa finta di contare qualcosa

Fini, l’illuso che pensa  di dettare condizioni

Roma - Due anni fa, era ieri, un Gianfranco Fini inviperito con il Cav, rosso in volto, pronunciava le fatidiche parole: «Che fai, mi cacci?». Fu cacciato.
In questi due anni, il presidente della Camera ha resistito sulla sua poltrona come in pochi sarebbero riusciti - persino in Italia, dove la specialità è di casa. Ha superato lo scandalo del personale Cerchio magico, che sul web è diventato un serial di grande presa, i Tullianos, anticipando non solo la sorte dei Bossi, ma in qualche modo anche la domanda cardinale sollecitata dal caso-Lusi: che fine fanno i fondi pubblici che arrivano ai partiti? Essendo, la celebre casa di Montecarlo, bene appartenuto a un partito non più esistente (se non, appunto, nei fondi residui, proprio come la Margherita). Fini ha pure fondato, con un manipolo di caporali (sorprendente l’indisponibilità dei colonnelli), il partito che avrebbe dovuto raccogliere, nelle speranze e ambizioni, gli elettori del Pdl quando Berlusconi avesse lasciato la scena.

Ma il destino, una volta di più, pare prendersi beffe di lui. L’abbandono del Cav è avvenuto sulla scorta di una crisi economica, e la raccolta di voti sarà appannaggio di un eventuale partito dei «montiani», del Pdl (o come si chiamerà) di Alfano, del Partito della Nazione (o come si chiamerà) di Casini. E il Fli, Futuro e libertà, che i detrattori per eterogenesi dei fini già declinano «futuro in libertà»? Sulla scorta dei più recenti sondaggi (dall’uno per cento al 2,8) potrebbe, anzi dovrebbe, andare in rottamazione anch’esso. E confluire nel calderone capeggiato da un tecnico governativo (Passera?), da Montezemolo o dallo stesso Casini. Il povero Gianfranco? Al pari di Rutelli, tra le seconde, o addirittura terze file.

Cala occuparsene? Buon ultimo in questi momenti di fermento, Fini è uscito anche lui allo scoperto - si fa per dire - in un’intervista alla Stampa che ha fatto venire in mente, più che una nuova alba, l’Albachiara di Vasco. Quella canzone che comincia con: «Respiri piano per non far rumore, ti addormenti di sera, ti risvegli col sole». Tanto è risultata soporifera, la chiacchierata col presidente di Montecitorio, giunto a sostenere che la fine del «bipolarismo muscolare» è stato un effetto della sua uscita dal Pdl.

Cercando d’intercettare ritagli di nuovismo, per tutta l’intervista Fini ripete, in un politichese che contraddice il detto, di smetterla di «concentrarsi sui contenitori». Basta «neocentrismo» e «formule ripetitive», basta «vecchia topografia» dei partiti. «No» al nome di Partito della Nazione («saremmo chiamati nazionalisti», accusa l’ex leader del Msi!), mentre si dichiara scettico sul nuovo partito di Alfano («ricerca di fuochi d’artificio»). E intima, al segretario voluto da Berlusconi e al Pdl, di reciderne addirittura il «rapporto viscerale». In cambio di che? Della sua novità deflagrante, perbacco. Di quel suo «guardare avanti, a un’idea innovatrice della politica». Cioè: «un movimento federativo da discutere con calma». Che si rivolge a Casini, Rutelli, Pisanu, Montezemolo, «al volontariato, all’associazionismo, al no-profit».

Non si può neppure incolpare il nascente «Centro studi» del Fli della pochezza della proposta e non ricordare come gran parte dei suoi caporali sia refrattario a sciogliere il Fli.

In caso Fini la spuntasse, però, non potrebbe starci meglio come inno la canzone di Vasco: «Ti vesti svogliatamente/non metti mai niente/ che possa attirare attenzione.../Qualche volta fai pensieri strani/con una mano, una mano, ti sfiori/tu sola dentro la stanza/e tutto il mondo fuori». Sarebbe un successone, altro che Elefantino.

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