Politicamente è morto, i sondaggi lo danno sotto il 2 per cento, testa a testa con Storace (che sta crescendo). Ma Gianfranco Fini è ancora vispo quando sente il profumo del potere, soprattutto se si tratta di Rai (famose le sue pressioni per fare avere alla suocera Tulliani appalti milionari). Così il presidente della Camera ha cercato, in combutta con Pisanu e appoggiato da Di Pietro e Pd, di fare il colpaccio e mandare in minoranza il Pdl nella commissione che deve nominare i nuovi vertici della tv di Stato.
Ovviamente, essendo uno che non ne azzecca una, il colpo gli è andato buco, e ora grida allo scandalo accusando il presidente del Senato, Schifani, di partigianeria. Il quale Schifani ha semplicemente, applicando alla lettera il regolamento, consentito la sostituzione di un membro della commissione: fuori il cavallo di Troia di Fini, (Amato, pronto a tradire il suo gruppo, il Pdl) dentro un altro avente diritto (Viespoli). La qual cosa permette alla maggioranza eletta di non diventare minoranza.
Invece di accusare ingiustamente Schifani, Fini dovrebbe dimettersi per l’ennesima figura di palta che trascina la Camera nel ridicolo e negli affari del suo partitino, il Fli. Se c’è uno che ha usato la carica istituzionale come una clava per boicottare gli avversari e aiutare gli amici è proprio lui. Lui che aveva giurato di dimettersi se la famosa casa di Montecarlo fosse risultata di proprietà del cognato, che aveva poi promesso di lasciare la poltrona un secondo dopo che lo avesse fatto Berlusconi, che ha firmato la riconferma di D’Alema a capo della commissione servizi segreti nonostante la legge imponesse un cambio dopo l’insediamento di Monti e ilpassaggio del Pd in maggioranza (la poltrona spetta a un membro dell’opposizione). Come nel dicembre di due anni fa, ha tentato un ribaltone e ha fallito.
A parole si vuole liberare la Rai dai partiti (cosa giusta).
Nei fatti avviene il contrario (Di Pietro e Fini in primis). Ma, almeno fino a che le cose non cambieranno (speriamo presto), meglio che la lottizzazione rispetti gli equilibri del Parlamento che gli interessi (e affari) di singoli signori, seppur presidenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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