Fiorito parla e scagiona la Polverini

RomaC'era un accordo per spartirsi i 17 milioni assegnati ogni anno al consiglio regionale del Lazio da una legge che consente ai gruppi di gestire somme che lo stesso Franco Fiorito definisce «vergognose»: 100mila euro a ciascun consigliere, che potevano raddoppiare o triplicare a seconda degli incarichi ricoperti. Ufficialmente per finalità politiche, ma poi chissà come venivano davvero impiegati quei soldi che un sistema senza controllo distribuiva senza verifiche che spaccassero il capello in quattro.
Alla Pisana era lotta per il denaro. Si era perso il senso della misura, a volte bastava una telefonata per aprire i rubinetti. «Ormai non si faceva più politica». L'ex capogruppo del Pdl si difende attaccando davanti ai magistrati che lo accusano di peculato, parla da moralizzatore, tira dentro i vertici della Regione e tutti i consiglieri «che lo ossessionavano con continue richieste di denaro». Poi, in tv, ritratta le accuse più forti. Sollecita i magistrati ad indagare anche sui finanziamenti degli altri gruppi. «La ripartizione dei fondi era nota a tutti - rivela - e i soldi venivano suddivisi e concessi ad intervalli di tre mesi, quindi in quattro tranche da 25mila euro». Nel descrivere il sistema l'ex sindaco di Anagni chiama in causa chi decideva le assegnazioni delle erogazioni, ossia l'ufficio di presidenza regionale e fa il nome del presidente Mario Abbruzzese. Renata Polverini, secondo questo schema, non poteva non sapere, poiché si trattava di una decisione di cui la giunta prendeva atto. Ma davanti i microfoni di Sky Tg24 Fiorito tira il freno a mano: «Mai detto che la Polverini sapeva». Per il suo legale, Carlo Taormina, invece «questa vicenda può portare a sviluppi clamorosi e a colpi di scena inimmaginabili».
Per ora rimane Fiorito l'unico indagato. L'indagine non ha cambiato obiettivo, è ancora focalizzata sull'ex capogruppo, sui soldi del Pdl finiti nei suoi conti, sulle sue case, compresa l'ultima della lista, in via Gesù e Maria, a Roma. Il resto delle accuse devono essere verificate. I pm vogliono accertare prima che fine abbiano fatto gli otto milioni di euro assegnati dal 2010 ad oggi al Pdl. Ieri la Finanza è tornata in Regione per acquisire documenti e ascoltare i funzionari dell'ufficio di presidenza. Secondo quali criteri sono stati distribuiti quei soldi? Sono stati utilizzati per sostenere i costi della politica o hanno preso altre strade? Sotto esame ci sono le spese di tutti i 17 consiglieri della maggioranza. Qualche risposta potrebbe arrivare dall'analisi dei documenti consegnati dal Batman di Anagni al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al pm Alberto Pioletti, due scatoloni contenenti l'intero archivio contabile del Pdl alla Regione dell'ultima consiliatura. Tra le carte ci sarebbero le prove di fatture per operazioni inesistenti. «Occorre verificare - dice l'avvocato Carlo Taormina - se a fronte dei soldi concessi corrisponda o meno l'organizzazione di un convegno, l'affissione di un manifesto o la pubblicazione di un testo». Presto i magistrati potrebbero decidere di convocare come testimoni i politici tirati in ballo da Fiorito. Oltre ad Abbruzzese («lui i soldi non me li chiedeva perché l'ufficio di presidenza ha fondi propri»), Francesco Battistoni, il suo successore, che avrebbe congiurato nei suoi confronti dopo la lettera del 18 luglio scorso in cui segnalava anomalie contabili, Giancarlo Miele, indicato tra coloro che avrebbero sostenuto spese «anomale». Poi Carlo De Romanis, quello della famosa festa in costume, Lidia Nobili («era il mio incubo, mi perseguitava per chiedermi i soldi, più di quanti gliene spettassero»), Stefano Galletto. «Tutti i consiglieri Pdl chiedevano denaro - rivela Fiorito - erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall'ufficio».
Le sue di spese, invece, sarebbero tutte rendicontate. Sostiene di non aver rubato. «Ho agito all'interno della legge - dice a Porta a Porta - quei soldi mi spettavano, non c'è una lira del gruppo che ho usato per fini personali. Ho consegnato ai magistrati ricevute per 6 milioni di euro.

I soldi che ho incassato, nel rispetto della legge, ammontano a 500-600mila euro, anche se in tre anni ne avrei potuti percepire 900mila, ma sono tutti rintracciabili». Poi ammette: «È vergognoso che siano previsti compensi così alti per i consiglieri regionali». Anche i pm sono rimasti sorpresi dalla gestione «caotica» e «senza controllo» dei fondi del finanziamento pubblico.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica