Se c'è un romanzo che meglio rappresenta Beppe Grillo è quello di Stevenson: "Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde". Perché l'ultima parabola politica del portavoce del Movimento 5 Stelle palesa una sorta di "sindrome bipolare", un pensiero lunatico che si riflette sulle personalità più disparate. Non c'è solo l'ultimo e celebre caso di Stefano Rodotà - candidato al Quirinale dal popolo grillino che davanti al Parlamento reggeva cartelloni che osannavano il giurista - finito nel calderone dei peggiori: prima considerato "giovane come un bambino, un uomo fantastico che non è mai stato dentro il circuito", ora messo alla gogna perché "ottuagenario miracolato dalla Rete sbrinato di fresco dal suo mausoleo".
La lista degli amati, ma poi odiati è lunga. E annovera non solo i personaggi votati alla Quirinarie. C'è Milena Gabanelli, considerata il 16 aprile scorso "straordinaria, una giornalista che lotta contro i poteri forti" e addirittura utilizzata come grimaldello per scardinare l'ostracismo del Pd e gettare le basi per una potenziale alleanza: "Ci pensi Bersani, ci pensi a votarla per il Quirinale, potrebbe essere un inizio? Chissà...". Poi è successo che la conduttrice di Report ha declinato l'invito della Rete, ha continuato a fare il suo lavoro e si è occupata dell'ambiguità degli introiti del blog dell'ex comico. Apriti cielo. Ecco che sono piovute querele, reprimende, critiche e la "straordinaria" Gabanelli è diventata una da comprendere, una giornalista non proprio indipendente perché "ha fatto il suo lavoro riguardo il nostro blog e capisco anche il suo punto di vista nel fare il servizio, in maniera forse solo un po' superficiale, sotto le elezioni, lei è dentro un'azienda che non è proprio super partes. Io ho risposto alle sue domande, non ho niente contro di lei''.
E che dire di Romano Prodi? Qui il capitolo è complesso. Perché tra i candidati alle Quirinarie votati in Rete dal M5S c'era anche lui. Solo che il suo nome poi ha creato non pochi malumori nella base e così Grillo ha sciorinato l'ultima sentenza: "Nessuno nel M5S si è mai sognato di votare Prodi e non se lo sognerà nemmeno in futuro". E pensare che in passato, come ha rivelato il fratello dell'ex premier, "Beppe Grillo era andato a trovare a casa mio fratello per parlare di economia. Nei suoi primi spettacoli, infatti, Grillo cominciò a introdurre il tema dell'economia e chiedeva lumi a mio fratello''.
Sorte migliore è toccata invece a Emma Bonino, anche lei tra i primi dieci votati dal M5S alle Quirinarie. Nel maggio scorso, Grillo ha lanciato una vera e propria fatwa nei suoi confronti scrivendo sul blog: "Se il Movimento 5 Stelle farà boom alle politiche, la leader radicale, ''emanazione dei partiti'', non diventerà presidente della Repubblica".
In barba alle critiche di Grillo, la Bonino è stata lo stesso votata, ma contro di lei non c'è stato bisogno di Mr. Hide. Cosa che invece è successa ad Antonio Di Pietro. L'ex leader Idv, oltre a essere amico di Beppe, è stato difeso pubblicamente da Grillo che gli ha perdonato di tutto: dall'inserimento nel suo partito "di persone impresentabili come De Gregorio e Scilipoti" al non aver preso "posizioni nette sulla Tav e sul G8". E alla fine ha espresso addirittura un auspicio: "Spero che il prossimo presidente della Repubblica sia lui". Poi Dottor Jekyll è diventato Mr Hide: "Antonio Di Pietro ha la mia amicizia, ma il M5S non si alleerà né con l'Idv, né con nessun altro. Il M5S vuole sostituire il Sistema dei partiti con la democrazia diretta. In sostanza vuole la fine dei partiti basati sulla delega in bianco''. Adieu. Anche l'ex toga finisce nel calderone dei peggiori.
E poi c'è tutta la schiera dei grillini candidati, eletti e appoggiati da Grillo, ma che poi sono stati defenestrati a suon di improperi. Come è capito al vice presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Antonio Venturino, espulso dal M5S con tre parole: "Pezzo di merda". O come Federica Salsi o Giovanni Favia: lodati nelle piazze durante le campagne elettorali, stigmatizzati e cacciati poi.
A volte però il processo si inverte. Da Mr. Hide a dottor Jekyll. Così è successo in parte per Giorgio Napolitano. Dopo averlo tacciato di sonnambulismoe averlo soprannominato "Morfeo", dopo le consultazioni al Colle il comico quasi si ricrede: "Mi è piaciuto molto. Dobbiamo trovare un altro nome, non chiamarlo più Morfeo. Perché mi è piaciuto molto''. E dopo la visita del capo dello Stato in Germania e le polemiche sulle parole di Steinbrueck sembra diventare un suo fervido sostenitore: "Napolitano merita l'onore delle armi. In questi anni è stato criticato per molte scelte a mio avviso sbagliate, ma ieri in Germania ho visto, al termine del suo mandato, il mio presidente della Repubblica. Un italiano che ha tenuto la schiena dritta. Chapeau''.
Naturalmente, la dolce conversione è durata solo pochi giorni e Napolitano è tornato "Morfeo". Ma almeno il tentativo c'è stato. E lo stesso è avvenuto per Umberto Bossi. Prima criticato e messo nel minestrone del marciume della politica ("Bossi è entrato nel sistema e si è sciolto anche lui dentro. Hanno spolpato, tutti, questo Paese da 20 anni"), poi quasi difeso durante gli scandali che hanno investito il Carroccio ("Nei confronti della Lega non c'è una denuncia, non c'è un avviso di garanzia.
La magistratura non ha ravvisato nessun reato. Eppure sono stati disintegrati. Erano l'unica opposizione a questo governicchio e li hanno fatti fuori"). Dottor Jekil e Mr Hide o Mr Hide e Dottor Jekil: cambiando l'ordine degli addendi, Grillo non cambia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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