I dubbi dei dissidenti pdl I loro destini appesi alle mosse di SuperMario

Da Frattini e Pisanu ai cattolici Lupi e Formigoni in molti sono pronti a sostenere un grande centro

Roberto Formigoni e Maurizio Lupi
Roberto Formigoni e Maurizio Lupi

Roma - E ora? Un po' soffrono, un po' s'offrono. L'addio (più un arrivederci) di Monti ha avuto sulla pattuglia dei «dissidenti» del Pdl l'effetto del canto di sirena. Ne apprezzano la seduzione, ma ancora non si fidano. È proprio sicuro che il Professore raccoglierà per mano l'area centrista per farne un terzo polo moderato e competitivo? O finirà per traghettarli verso le perfide sponde piddine?
Davvero tormentato dai dubbi sembra Guido Crosetto, orgoglioso imprenditore piemontese che nel rivendicare il suo «io non mi vendo e non faccio congiure», non può fare a meno di rilevare la «volgarità di quanti fino a ieri volevano brindare al funerale di Berlusconi e oggi vanno a baciare la pantofola del Cavaliere per avere da lui un posto in lista». Crosetto rivendica il suo «volergli sempre bene», il suo considerarlo un «gigante attorniato da lillipuziani», assieme a una sfilza di interrogativi cui soltanto Silvio può rispondere. «È il più forte e quello che può catalizzare di più. Ma devo sapere: catalizzare per fare cosa? Catalizzare con chi? Con che persone? Con quale progetto? Con che linea politica? Con quali prospettive per il centrodestra? Non mi candido in un partito nel quale di fianco a me c'è candidato Scajola. E se tutto rimane uguale a com'è stato finora, a me non va».
Lo sfogo di Crosetto, in fondo, è quello più nobile, rispetto al drappello che cerca il centro di gravità permanente. E che da tempo ha nell'eterno democristiano Beppe Pisanu la punta di diamante. Pisanu è uno di quelli che ha varcato definitivamente il Rubicone, e spera di rinverdire gli anni passati a Piazza del Gesù proponendo la politica che fu di Zaccagnini. Difatti ritiene che «l'unica soluzione è ricollegarsi alle forze di centro e aprire il dialogo con la sinistra». Sull'improbabile recupero dei casiniani in un'unità d'intenti scommettono anche altre aree cattoliche del Pdl, da Francesco Giro a Maurizio Lupi, a Roberto Formigoni. Cui si sono aggiunti, ognuno con sfumature e disegni propri, Gianni Alemanno, Maurizio Sacconi e Raffaele Fitto. Cocci di partito in qualche caso prontissimi a rientrare nei ranghi berlusconiani, in cambio di candidature certe. Obbiettivo che sembrerebbe alla portata dei ciellini di Lupi e Formigoni (nonostante, per quest'ultimo, rapporti ancora non ristabiliti con il Cavaliere).
Nel gran girovagare di cene e contatti telefonici, una chiara espressione di volontà di Monti potrebbe però costituire un forte richiamo. Ad esempio per lo stesso Lupi, che alterna una dichiarazione pro-Berlusconi a una pro-Monti. Così come Franco Frattini, che pure ha ricevuto encomi a cielo aperto dal Cavaliere. E se in gravi ambasce si trova Giorgia Meloni, allo stesso tempo anti-montiana e anti-berlusconiana, Giuliano Cazzola ha già fatto la sua scelta di campo, e ancora ieri rivendicava la natura «politica» del proprio voto di fiducia.

Aspetta che Monti si decida e lo brama come «federatore dei moderati». Seguito da Gaetano Pecorella, che lo vorrebbe futuro premier, e da Gabriele Albertini, che si sente, dice, «un piccolo Monti lombardo». Una vedetta da libro Cuore, più o meno.

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