Quei fedeli in San Pietro in attesa tra due finestre

La finestra è rimasta chiusa. Per la seconda domenica consecutiva, si spera l'ultima. La finestra è la seconda da destra del Palazzo Apostolico, quella dello studio da dove tutte le domeniche il Pontefice recita l'Angelus dopo il rintocco delle campane che stanno dall'altra parte, a sinistra sulla facciata della Basilica. Sono immagini che abbiamo visto tante volte in televisione. Di nuovo c'è che dal vivo si guarda sempre in alto. Una finestra, le campane, il comignolo sul tetto della Sistina.
Piazza San Pietro, atmosfera sospesa. Atmosfera d'attesa di qualcosa che deve avvenire. E che avverrà. Ci si mette in fila per entrare in basilica, si superano i metal detector. Parole sommesse.

Gente qualsiasi. Senza vezzi. Molti giovani, genitori con passeggino, frotte di filippini, suore brasiliane con bandiera gialloverde sopra la tonaca, fidanzati abbracciati, fotografie, due anziani prelati che confabulano, un gruppo di persone vestite eleganti è reduce da una cerimonia. Si aspetta. La rinuncia di Papa Ratzinger è stata uno scossone. Ha creato smarrimento. «Ma dobbiamo comprenderlo nella prospettiva della fiducia nell'azione del Signore», confida una madre con figlioletto per mano.

Quella finestra chiusa è il segno di una Chiesa impotente, ripiegata sulle proprie debolezze di cui i media danno conto diffusamente? Per certi laici che vorrebbero insegnare il mestiere al futuro Pontefice, quella finestra rappresenta la Chiesa silente a causa dei suoi scandali. In una logica solo politica, i suoi mali - la pedofilia, i corvi, Vatileaks - l'avrebbero costretta alle dimissioni del suo Capo. Vito Mancuso ha scritto su Repubblica che oggi tutte le istituzioni verticistiche sono in crisi. E che il compito del prossimo Papa dev'essere mediare tra le spinte passatiste e la capacità di aprirsi al mondo perché «è solo stando al passo con il mondo che si sta al passo con Dio». Insomma, la Chiesa dev'essere collegiale, un'agenzia, un'organizzazione. Ieri, dalla sua (ex) «cathedra», Scalfari ha sentenziato: «Le dimissioni di Benedetto XVI hanno testimoniato che il Papa non è il vicario di Cristo in terra». Bontà sua.

Si entra in basilica per la Messa. Presiede il cardinale Angelo Comastri, arciprete di San Pietro e vicario di Sua Santità per la Città del Vaticano. Celebra monsignor De Felice: «Siamo venuti a pregare per il successore di Pietro, le cui ossa riposano qui sotto. Ma anche per il successore di Benedetto che amiamo». Banchi dei fedeli pieni, coro di vescovi e prelati pieno. Liturgia in latino, prima lettura in italiano, seconda in inglese. Un giovane diacono dai tratti orientali sbaglia gli accenti declamando il Vangelo del figliol prodigo, quello in cui «quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro». Poi c'è la festa che provoca le lamentele dell'altro figlio. «In cielo si fa più festa per un peccatore che si pente che per cento giusti», dice il celebrante. «La gioia che nasce dalla sofferenza è più profonda. Perciò si fa festa. È la festa del cielo, la festa della luce che ci attende. La Pasqua sarà più bella quest'anno per tutti noi».

Dopo sei giorni di Congregazioni generali ieri è stato il primo momento di pausa per i cardinali in vista dell'ingresso nella Cappella Sistina di domani e dell'«extra omnes» che precederà l'inizio delle votazioni. Si aspetta. «In un primo momento sono rimasto turbato», racconta uno studente di Bologna in vacanza con la sua ragazza. «Poi ho ascoltato quello che ha detto il Papa quando ha parlato della barca di Pietro che non è nostra ma del Signore. E mi sono rinfrancato». Lei non dice niente. Più che dagli scandali, sembra dire la gente qualsiasi che macchia la grande piazza del colonnato, bisogna ripartire dal gesto di Benedetto XVI. Bisogna capire le sue parole. «La Chiesa non è un'organizzazione, un'associazione per fini religiosi o umanitari», ha sottolineato Ratzinger all'ultima udienza.

«È un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel corpo di Cristo che ci unisce tutti».

Ancora pochi giorni guardando in alto, verso il camino sul tetto della Sistina. E poi a un'altra finestra. Quella della Loggia centrale, da dove sbucherà il nuovo Papa.

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