"Io, concubino per anni nell'orrore del Forteto"

Il racconto-denuncia di un ragazzo: "Fiesoli ti faceva sentire unico al mondo Poi ho scoperto che aveva rapporti con tutti. E ci dissero che era la terapia"

"Io, concubino per anni nell'orrore del Forteto"

M.M. è un ragazzone che sprizza vitalità. Fu affidato al Forteto a 14 anni per raggiungere la sorella. Oggi è adulto, ha moglie, figli e una storia che si stenta a credere. Ha consegnato il suo raccapricciante passato alla commissione d'inchiesta della regione Toscana e ai magistrati di Firenze che hanno rinviato a giudizio il vertice della cooperativa degli orrori nel Mugello, a partire dal fondatore Rodolfo Fiesoli.
«Quando uno arriva - dice M.M. - la villa, il giardino, il lago per fare il bagno, le persone sorridenti, il negozio dove puoi prendere il gelato gratis, i giochi, ci rimanevi affascinato. Fiesoli, l'affidatario di mia sorella, si presenta come quello che ha già individuato i tuoi problemi e ti aiuta, ti racconta le cose come se avesse la lucidità della vita. Frequentandolo, Rodolfo inizia a farti i discorsi: “Vedi? Tua sorella ha affrontato il discorso della tua famiglia, la tua mamma non ti voleva bene sennò decideva di stare con voi, invece ha scelto di stare con il tuo babbo che era un violento...”». M.M., che viveva in una comunità di Lucca, si trovò affidato al Forteto senza aver prima parlato con un magistrato né con i servizi sociali: «Loro mi chiesero “vuoi venire qui”, io dissi di sì e dalla Casa del Fanciullo passai al Forteto. Fiesoli disse: “Ci si pensa noi”. A 15 anni, fatta la carta d'identità, ero nello stato di famiglia del Fiesoli insieme a mia sorella, però realmente il Fiesoli mi fece conoscere altre due persone, quelle che sarebbero state i miei genitori finché non sono venuto via». È abitudine al Forteto violare le regole dell'affidamento: formalmente Fiesoli è responsabile dei minori ma in realtà li assegna a una «coppia funzionale», due adulti della comunità magari nemmeno sposati. «I miei due, L.S. e F.T., non sono neanche fidanzati, non sono una coppia né di fatto né di nulla».
Cominciò il lavaggio del cervello: «Iniziarono a dirmi di questi chiarimenti, tipo “tu sei di fòri” oppure “tu ti fai le fantasie, tu fai gli acchiti”, ma non sapevo cosa fossero. Oppure “tu hai paura, ti senti bischero”. Le fantasie erano un discorso omosessuale, andavi a ricascare lì, ma in tanti momenti non capivo dove volevano arrivare e poi si stava per ore e ore a parlare. Mano a mano che si andava avanti le cose erano molto più rigide, cioè venivi fermato e picchiato, o mestolo o zoccolo, se non rispondevi a quello che volevano loro c'erano le punizioni. C'avevo bozzoli così».
E poi i primi approcci, «gli acchiti del Fiesoli tipo il solletichino, mi metteva le mani sulla coscia. Una sera mi disse “ti accompagno io a dormire”, lì mentre mi ero spogliato iniziò a palparmi però non ebbi il coraggio di dirlo a nessuno. Il Fiesoli aveva attenzioni particolari nei miei confronti, riusciva a farti sentire l'unico al mondo, diceva “sono il tuo babbo spirituale”. Il primo rapporto l'ho avuto con lui a 15 anni. Quando ero a tingere le camere c'era anche questa F.T. (la «madre» affidataria di fatto, ndr), lui veniva nella camera lì e si andava nel bagno della camera, però io ci stavo mezz'ora in bagno e quando uscivo questa diceva “ciao” al Fiesoli come nulla fosse. Per anni sono stato il concubino di Rodolfo, finché non mi sono accorto che andava anche con gli altri ragazzi e quel giorno tutti i grandi, tutti, dissero che era la terapia e che anche loro l'avevano affrontata». «Anche L.S. (il «padre» affidatario, ndr) ci ha provato ma non ho fatto niente. Poi ho avuto un rapporto con Luigi Goffredi, si è proposto lui. Finché ti facevi abbracciare e baciare eri bravo. Lì tutti o la maggior parte hanno avuto la stessa terapia. Mi hanno sempre raccontato tutti che il Fiesoli non è stato condannato nell'85, finché non ho letto un articolo di giornale non lo sapevo. Un'altra cosa brutta è che io e mia sorella (io ero andato lì apposta per mia sorella) non ci si potesse vedere e nemmeno parlare. È stata creata competizione, rottura, c'ho anche fatto a botte con lei». E i controlli dei servizi sociali? «La mia assistente l'ho vista appena entrato e poi a 18 anni, quando è venuta a salutarmi per dirmi “ciao, sei maggiorenne”, ed è finita lì».
M.M. ha sposato una ragazza del Forteto. A Fiesoli lo rivelò due giorni prima delle nozze: ne era succube al punto da chiedergli un parere prima di fare l'amore con lei e quando arrivò il secondo figlio dissero che era stato un «incidente». Ebbero anch'essi un bimbo in affido. Fiesoli chiedeva alla donna di mandarglielo in camera per risolvere i suoi problemi, ma M.M. lo impediva e per questo fu isolato nella comunità. La moglie non conosceva il passato del marito finché il giovane l'ha confessato durante una seduta dalla psicologa.

Racconta il giovane: «A quel punto, quando lei seppe la verità, perché era la verità, ci fu un momento in cui disse “no, no, andiamo via, io qui non ci voglio stare più”». L'affetto per il bimbo ha sconfitto l'orrore del Forteto.
(2.continua)

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