Italia smarrita e sotto sforzo, un Paese fiaccato dalle tasse dove vince la preoccupazione

Impietoso report del Censis mette in luce tutti i mali del Belpaese: "La società sopravvive, ma è sciapa". Poi avverte: "Dilaga l'incertezza del lavoro"

Italia smarrita e sotto sforzo, un Paese fiaccato dalle tasse dove vince la preoccupazione

È un quadro inquietante quello dipinto dal Censis. Una veduta dell'Italia a tinte fosche, dai tratti marcati e indelebilmente ansiogeni. Un ritratto che soffoca ogni speranza nei confronti di un futuro prossimo. Dall'annuale rapporto sui più significativi fenomeni socio-economici del Paese, il calo dei consumi è il sintomo più significativo di "un Paese sotto sforzo", "smarrito" e "profondamente fiaccato da una crisi persistente". "Nel 2013 su un campione di 1.200 famiglie - spiega il Censis - il 69% ha indicato una riduzione e un peggioramento della capacità di spesa".

Il Censis prova a raccontare l'Italia sul finire della crisi economica. Il crollo temuto non c’è stato, negli anni della profonda recessione il Belpaese è riuscito a sopravvivere. Ma adesso ci troviamo a vivere in una società più "sciapa": senza fermento, accidiosa, furba, con disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale. Da qui il malcontento e l'infelicità dilagante. Perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali. Unico "sale", a detta del Censis, sono l’imprenditoria femminile, l’iniziativa degli stranieri e la dinamicità degli italiani all’estero. A ferire il futuro del Paese è stata sicuramente la crisi economica che, cinque anni fa, ha investito i Paesi dell'Eurozona. Ma a rendere questa crisi ingestibile è stata l'eccessiva pressione fiscale che, passado da Mario Monti a Enrico Letta, si è fatta sempre più devastante. Una famiglia su quattro fa fatica a pagare tasse o bollette e il 70% è in difficoltà se deve affrontare una spesa imprevista. Il Censis parla, infatti, di "fragilità" per "una larga parte del Paese". L’incertezza "ha preso il sopravvento" sulle famiglie assumendo "la forma della preoccupazione e dell’inquietudine". A preoccupare non è solo la pachidermica pressione fiscale, ma anche il mercato del lavoro. "Il 2013 si chiude con la sensazione di una dilagante incertezza sul futuro del lavoro", spiega il Censis riferendo che il 14% dei lavoratori teme di perdere il posto. Sono quasi 6 milioni gli occupati che si trovano a fare i conti con situazioni di precarietà lavorativa, ai quali si aggiungono 4,3 milioni che non trovano un’occupazione.

Poco lavoro e troppe tasse non hanno fatto altro che obbligare gli italiani a "una nuova sobrietà" evitando "sprechi ed eccessi". Il Paese tira la cinghia per risparmiare, anche perché "i continui cambiamenti" fiscali "non consentono di effettuare previsioni di spesa". Se il 76% dà la caccia alle promozioni nei supermercati e aumenta il numero di persone che va al mercato, il 53% ha ridotto spostamenti con auto e scooter, il 68% ha tagliato cinema e altri svaghi, il 45% ha ridotto o rinunciato nell'ultimo anno al ristorante. A soffrire maggiormente è sicuramente il Mezzogiorno dove il pil pro capite è di 17.957 euro, il 57% di quello del Centro-Nord, e inferiore ai livelli di Grecia e Spagna. "Nel 2013 le spese delle famiglie sono tornate indietro di oltre dieci anni", evidenzia il Censis denunciando "un quadro preoccupante nel quale risulta ormai essenziale agire con rapidità in termini di radicale abbassamento della pressione fiscale, di incentivi ai consumi prontamente utilizzabili" e di politiche del lavoro.

Scorrendo i principali indicatori economici non deve certo stupire se la "fuga" degli italiani all’estero non conosce soste. Nell’ultimo decennio il numero di chi ha trasferito la residenza è più che raddoppiato: si è passati da 50 a 106mila. Ma è stato soprattutto nel 2012 che l’incremento ha visto un boom: +28,8% tra il 2011 e il 2012. Sono soprattutto giovani: il 54,1% ha meno di 35 anni.

Il fatto che una quota così consistente di italiani intenda stabilirsi oltralpe è legata in gran parte alle opportunità occupazionali che contraddistinguono altri Paesi rispetto all’Italia. Chi se ne è andato lo ha fatto proprio per darsi migliori chance di carriera e di crescita professionale.

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