L’ultimo mistero della Magliana: altre ossa nella tomba del boss

L’ultimo mistero della Magliana: altre ossa nella tomba del boss

RomaCassette di ossa sepolte da chissà quanto tempo accanto alla tomba di Renatino De Pedis nella basilica romana di San’Apollinare. L’ultimo capitolo del giallo infinito sulla scomparsa di Emanuela Orlandi è stato scritto ieri con l’apertura della tomba del boss della banda della Magliana: il cadavere è proprio quello di De Pedis, ogni dubbio è stato fugato, ma nella cripta dove era custodita la bara, anzi la tripla bara, una di zinco, una di rame e una di legno (una procedura prevista per le tumulazioni sotto le chiese per evitare fuoriuscite di gas, ndr), sono stati trovati altri resti ossei. Soltanto gli esami della scientifica potranno escludere che qualcuno di questi sia riconducibile alla cittadina vaticana scomparsa a 15 anni il 22 giugno del 1983.
Nonostante siano passati 22 anni da quando gli spararono in via del Pellegrino per un regolamento di conti, il corpo del boss al quale è stata riservata una sepoltura eccellente perché ritenuto dal Vaticano un «benefattore dei poveri» era ben conservato, sotto al completo blu scuro con cravatta nera e camicia bianca ingiallita dal tempo, tanto da permettere immediatamente l’analisi delle impronte digitali che ha consentito l’identificazione certa, anche se sono stati prelevati alcuni campioni da un dito per effettuare eventualmente più avanti pure l’esame del Dna. I resti ossei sono stati trovati davanti alla nicchia dove era custodito il sarcofago, dove è stato scoperto un ossario, per arrivare al quale è stato necessario abbattere un muro con un martello pneumatico. Sono state trovate circa 200 cassette contenenti resti ossei risalenti al 1700. La Basilica ospitava, infatti, un cimitero di epoca pre-napoleonica, poi nel 2005 durante una ristrutturazione le ossa sono state raccolte in cassettine e murate in una camera della cripta. Tutte le ossa verranno analizzate per accertare se si tratti davvero di reperti antichi o se, nel mucchio, ci sia qualcosa di più recente che possa essere ricondotto ad Emanuela. Si tratta di un’ipotesi piuttosto remota, ma la Procura di Roma a questo punto non vuole lasciare nulla di intentato.
La Basilica di Sant’Apollinare è stata in stato d’assedio per l’intera mattinata. C’erano il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il capo della squadra mobile Vittorio Rizzi, oltre al fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, e ai legali della famiglia De Pedis. Sul sagrato della chiesa si sono radunati anche molti turisti incuriositi dal via vai di esperti della scientifica con la tuta bianca e la mascherina sul viso. Le operazioni sono cominciate con la rimozione della lapide superiore, avvenuta con qualche difficoltà per i marmisti che hanno dovuto utilizzare anche una piccola gru. Ora dovrà essere verificato se la tomba in questi anni fosse già stata aperta. Dopo l’apertura delle tre bare è stata ispezionata la salma, trasferita nel cortile dell’attigua Università Pontificia dove era stata allestita una tenda bianca. Erano presenti, oltre al medico legale anche un biologo e un antropologo forense. Al termine degli accertamenti il cadavere è stato spostato in una nuova bara e riportato momentaneamente nella cripta in attesa che la vedova decida il trasferimento al Verano o eventualmente la cremazione. «Nella bara non c’era nient’altro che il corpo di Enrico, con buona pace di chi sosteneva il contrario», commenta Maurilio Prioreschi, uno dei legali della famiglia De Pedis.


Una giornata importante per Pietro Orlandi: «Finalmente si può mettere un punto a questa pista, una delle tante. Non avevo dubbi che Emanuela non fosse nella Basilica e mi auguro che questo sia l’inizio di una collaborazione tra magistratura e Vaticano per arrivare alla verità».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica