Primarie Pd, Bersani evita la spaccatura: "Regole decise con gli alleati"

All'assemblea dei democratici passa la deroga allo statuto: anche Renzi si potrà candidare alle primarie. Ma la resa dei conti con il segretario del partito è solo rimandata

Pier Luigi Bersani all'assemblea Pd
Pier Luigi Bersani all'assemblea Pd

Via libera al documento che dà mandato al segretario a trattare al tavolo delle primarie con le altre forze della coalizione e a definire insieme agli alleati il manifesto politico delle alleanze. Finisce così l'assemblea nazionale del Pd: Pier Luigi Bersani costretto a far ritirare gli emendamenti invisi ai "renziani" e la resa dei conti rimandata a data da destinarsi. Alla viglia accuse incrociate, sgambetti, contestazioni e accordi sottobanco; oggi il passo indietro di Bersani per evitare la frattura definitiva. In realtà, l'assemblea decide di non decidere.

Laura Puppato in mezzo a Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. Non è una foto opportunity all’insegna del "vogliamoci bene" alla vigilia dell’assemblea sulle regole. Ma i cartoni con le sembianze del segretario e del sindaco di Firenze con cui i militanti di "Occupy primarie", il gruppo che fa capo all'ex "rottamatore" Pippo Civati, hanno accolto delegati, parlamentari e ospiti raccolti nel blindatissimo Hotel Ergife. Da subito il presidente del Pd Rosy Bindi, andando a ripescare l'anniversario del Concilio Vaticano II, ha provato a lanciare un appello all'unità, un appello a risolvere all'interno i dissidi per non indebolire il partito e favorire così il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo: "Qui non si fanno giochetti, non si congegnano trappole, non ci stiamo nascondendo dietro a cavilli per coprire la mancanza di un progetto politico". Eppure è proprio grazie a un giochetto di furbizia che Bersani riesce ad evitare lo scontro frontale con i "rottamatori" e arrivare a una scissione interna al partito. Se da una parte tende la mano ai "rottamatori" ammettendo al loro leader di correre alle primarie, dall'altra rimanda lo scontro decisivo col sindaco di Firenze sperando nell'appoggio degli alleati. Con loro, infatti, Bersani deciderà le regole (quelle vere) che regoleranno le primarie di coalizione.

Ognuno ha il suo articolo 18 da riformare ed oggi tocca al Pd. Dopo aver incassato l'appoggio di Carlo De Benedetti, Bersani ha preferito azzerare le polemiche sottolineando che l'unica regola cambiata in corso d’opera è la deroga che consente la corsa di altri candidati del Pd, oltre al segretario, alle primarie di coalizione. Deroga che consente la corsa anche al sindaco di Firenze. Ironia della sorte, a votare in prima fila per la sospensione dell’articolo 18 (quello del Pd, però) c'è proprio la leader della Cgil Susanna Camusso che si è battuta a lungo per mantenere l’articolo 18 più famoso (quello dello statuto dei lavoratori). Bersani ha, poi, fatto notare che dopo le primarie del 2011 il portito aveva votato per rendere effettivi strumenti mai attivati a livello organizzativo. tra questi ci sarebbe anche l'albo. "L’unica preoccupazione che ho - ha evidenziato il segretario - è quella che questo gesto importante non venga svilito da noi stessi".

Proprio per questo Bersani ha fatto ritirare gli emendamenti contro cui i renziani avevano levato gli scudi rimandando, però, la discussione al confronto con gli alleati della coalizione. Una mossa che sembra comunque non preoccupare Renzi. "Dicono che non saranno fatte leggi ad personam e io ci credo...", si è limitato a commentare.

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