Lega, Bossi: "Voglio riprendermela". E Maroni: "Via se non è d'accordo"

Il Senatùr al Fatto Quotidiano: "Devo ricostruire la Lega, l'hanno distrutta". Ma Maroni lo zittisce: "Chi non è d'accordo con me può andasene"

Roberto Maroni con Umberto Bossi
Roberto Maroni con Umberto Bossi

Un nuovo braccio di ferro, durissimo. Ad alzare i toni dello scontro è stato, all'indomani del risultato deludente incassato al primo turno delle amministrative, Umberto Bossi che sceglie Il Fatto Quotidiano per attaccare il segretario del Carroccio Roberto Maroni. "Devo ricostruire la Lega - spiega - l’hanno distrutta". Un'accusa che non è affatto piaciuta al governatore della Regione Lombardia che ha subito stroncato la polemica: "Io sono il segretario federale: quindi chi non è d’accordo se ne può andare".

Da qualche giorno il Senatùr reitera gli attacchi. Ha aspettato che gli elettori votassero per tornare alla carica: il calo dei consensi del Carroccio sia in Lombardia sia in Veneto hanno dato il via libera ai malpancisti che, facendosi scudo dell'ex Capo, hanno ripreso a battere là dove battevano qualche mese, ovvero contro il doppio incarico di Maroni (governatore e segretario federale). Dalle colonne del Fatto Quotidiano, Bossi ha così annunciato di voler tornare in campo: "Tenteremo di riprenderla. Maroni non è riconosciuto come capo". E ancora: "Maroni ha trasformato i nostri ideali in burocrazia, non puoi collegare un progetto politico alle poltrone. L’idea delle Regioni del Nord è bella, certo, ma come si fa? In Piemonte l’esperienza di Cota è finita, in Lombardia abbiamo vinto solo grazie a Berlusconi, in Veneto Maroni ha permesso a Tosi di fare troppi Casini. La macroregione è un progetto irrealizzabile". Un'accusa dietro l'altra, una bocciatura a trecentosessanta gradi. Il Senatùr vuole riprendersi quello che, fino allo scandalo della gestione a dir poco allegra dei fondi pubblici, era nelle sue mani. "Io la base non l’ho mai abbandonata - ha continuato Bossi - c’è ancora tutta e aspetta che torniamo ad essere la loro Lega". Il voto alle amministrative è solo la scusa per sferrare l'attacco definitivo alla nuova dirigenza proprio nel giorno del consiglio federale in via Bellerio. Una mossa attenta e calcolata che non è affatto piaciuta al presidente della Regione Lombardia.

"Nella Lega non c’è nessuna fronda e nessuna resa dei conti. Sono segretario federale eletto dal congresso - ha replicato Maroni - chi non è d’accordo se ne può andare da un’altra parte, il mondo è grande". Al termine di una conferenza stampa a Palazzo Lombardia, il governatore ha sminuito le accuse che gli sono state mosse sull'esito delle amministrative ricordando che, se da una parte il Carroccio ha perso quattro Comuni, ne ha portati a casa altri quattro: "Ora abbiamo davanti una battaglia dura per i ballottaggi a Brescia e Treviso, come quella vinta due anni fa a Varese". E per farlo il segretario chiede un partito unito che con oggi chiude la stagione delle "porcherie", dei fondi all’estero, della Tanzania e degli yacht.

"Come sempre nelle organizzazioni ci sono quelli che chiacchierano e quelli che agiscono - ha concluso - io appartengo a quest’ultima categoria, non mi interessano le interviste ma chi lavora. E adesso c’è da lavorare per vincere i ballottaggi".

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