L'ira degli agenti sotto attacco: "E i politici si godono lo show"

Bufera per l'ultrà che inneggiava all'assassino dell'ispettore Raciti, ucciso nel 2007. Renzi chiama la vedova, ma lei replica: "Era lì e non ha detto niente, una vergogna"

L'ira degli agenti sotto attacco: "E i politici si godono lo show"

Poliziotti trattati come servi, non come servitori dello Stato. Bersagliati da bombe carta, sassaiole durante i cortei e presi a schiaffi dalle parole dei falsi perbenisti, che si indignano davanti al congresso del Sap che applaude tre agenti condannati per la morte di Federico Aldovrandi, ma restano muti quando Genny a Carogna, indossando una maglia con scritto Speziale libero, fa da padrone all'Olimpico, e tratta se giocare o meno Napoli Fiorentina.

Sabato allo stadio c'erano gli stessi politici che qualche giorno fa avevano fatto il tiro a segno contro chi rischia ogni giorno la vita per 1.300 euro al mese. Sono usciti per primi, come il premier Matteo Renzi, facendo spallucce. Non una sillaba in difesa della memoria dell'ispettore capo Filippo Raciti, ucciso il 2 febbraio 2007 nella guerriglia urbana scoppiata a Catania al termine dell'incontro con il Palermo, non un gesto di solidarietà verso i cinque agenti, feriti sabato tra gli spalti.
«Sono molto amareggiata e addolorata, umiliata e offesa. Indignata - dichiara Marisa Grasso, vedova Raciti - Mio marito era un servitore dello Stato che ha indossato la divisa a 19 anni, con onore. Nessuno si deve permettere di umiliare quel sacrificio e disprezzare i poliziotti che ogni giorno escono da casa senza sapere se torneranno». La sceneggiata dell'ultras napoletano non riesce a digerirla, ma tollera ancora meno l'indifferenza delle istituzioni. «Sabato ho notato la debolezza dei vertici dello Stato nel vedere quell'individuo sugli spalti a dettare legge - sottolinea - Nessuno ha detto niente: una vergogna. Ho subito un calvario giudiziario di 6 anni. C'è stata una condanna, nessuno si può permettere di indossare una maglietta con il nome di un assassino». Le lacrime velano gli occhi. «Mia figlia Fabiana vuole andare via dall'Italia, non è giusto subire sempre - dice la donna - Eppure il premier Matteo Renzi era lì all'Olimpico a vedere la partita. E allo stadio c'erano anche il presidente del Senato, Pietro Grasso e altri vertici dello Stato. Non ho ricevuto nessuna telefonata di solidarietà, se fosse scappato il morto sarebbero corsi ai funerali». Dichiarazioni che colpiscono nel segno, perché in giornata arrivano le chiamate di Renzi, Grasso, del capo della polizia, Alessandro Pansa e del ministro Angelino Alfano.

I sindacati di polizia, spaccati sulla «vicenda Aldovrandi», ieri hanno levato gli scudi compatti. «Vogliamo vedere se chi si è affrettato a crocifiggere i poliziotti per un applauso “tarocco” - dice Gianni Tonelli, segretario generale del Sap - oggi riesce a condannare le sceneggiate dell'Olimpico, dove a godersi lo “spettacolo” c'erano Renzi e Grasso. Le parole della vedova Raciti tagliano e gambe al partito anti-polizia, che si precipita a titolare una sala della Camera a Carlo Giuliani e non dedica a Raciti nemmeno un vicolo. Gli agenti che rischiano la vita ogni giorno, feriti negli scontri del primo maggio o negli incidenti allo stadio meritano rispetto».

«Basta gioco al massacro sui poliziotti» tuona Giuseppe Tiani del Siap. «Lo Stato si indigna? Retorica, mentre noi contiamo i feriti - incalza Franco Maccari, di Polizia Cois - Renzi se ne va, scortato. Noi restiamo nuovamente attoniti dinanzi a tanta superficiale indifferenza, molto lontana dalla levata molto più indignata e presente di qualche giorno fa contro di noi.

In tutto questo Pansa dov'è? Forse assente perché non ci sono agenti da definire “cretini”».
La verità è un'altra, secondo il Siap di Catania: «Ci chiedono i numeri sui caschi, di pagare ogni singola azione, ma continuiamo ad essere feriti e vilipesi da soggetti che lo stadio dovrebbero vederlo da lontano».

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