diN el 1984 (quasi trent'anni fa, dunque) la Corte costituzionale dichiarò non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti di una legge di proroga dei contratti di locazione a uso diverso dall'abitativo solennemente affermando che la legge in questione risultava sostanzialmente diretta «a costituire l'ultimo e definitivo anello di congiunzione della graduale attuazione della nuova disciplina» del '78, «senza che possa consentirsi un ulteriore analogo intervento legislativo». Dopo quella decisione, sono stati varati 31 provvedimenti di blocco degli sfratti (fra uso abitativo e uso diverso), in pratica un blocco ogni anno. Nessuno dei presidenti della Repubblica succedutisi in questo periodo ha mai eccepito - né in sede di «emanazione» dei decreti legge di blocco, né in sede di «promulgazione» delle relative leggi - che proroga coattiva dei contratti e blocco delle esecuzioni di rilascio sono, al fine della lesione dei diritti proprietari e dei parametri costituzionali interessati, la stessa cosa.
Nessun presidente della Repubblica, in nessun caso, s'è mai pronunziato in argomento con un messaggio, così come previsto dalla Carta costituzionale. E ieri l'altro il governo ha approvato il 36° provvedimento (sempre fra uso diverso e abitativo) di blocco degli sfratti, a far tempo solo dal 1978 - l'anno della normativa dell'«anello» della Consulta - e quindi in ragione di un blocco - ancora - ogni 12 mesi. Insomma, una stanca e accidiosa liturgia alla quale nessun organo - costituzionale o istituzionale - fa più neanche caso, tutti dimentichi del fatto che - come scrisse Einaudi nel '54 da presidente della Repubblica, proprio a proposito del «blocco dei fitti» - «non si è mai vista nessuna normalità tornare da sé».
A proposito di decreti legge non si può poi non constatare che, dopo la vicenda del «Salva Roma» e i richiami del Colle, il governo ha presentato un decreto Frankenstein (il cosiddetto «milleproroghe») che più di così non si può. D'altro canto, è anche doveroso constatare che solo grazie a un decreto legge il ministro Lupi e il sottosegretario Ferri sono riusciti, rispettivamente, da un lato a eliminare dal nostro ordinamento giuridico una norma che per 5 mesi ha impedito di stipulare legittimi contratti di locazione e di compravendita perché non muniti di un attestato energetico cartaceo che non si poteva conseguire mancando i relativi decreti attuativi e, dall'altro, a far varare una normativa che, dopo 6 mesi, consentirà di appaltare i lavori straordinari che i singoli condominii vogliono fare. Normative, entrambe, sulle quali nessun dissenso politico s'è mai - ed è ovvio - manifestato.
La realtà è che viviamo in un tempo più triste che mai. Un esempio per tutti (ed eclatante) è quello della possibilità concessa alle pubbliche amministrazioni, col decreto legge Frankenstein, di recedere unilateralmente dai contratti di locazione dalle stesse stipulati quali conduttrici. È bastato che si sia inventata una felice formula propagandistica, subito ripresa dai mass media («affitti d'oro»), per far strame di ogni norma di diritto.
Ma perché mai, dunque, la ripetitività (nauseante, e senza pudore) della liturgia in parola? Prima di tutto, perché fare beneficenza con la roba degli altri è uno sport nazionale, uno sport largamente praticato dai politici oltre che dai giudici del rilascio e delle esecuzioni. In secondo luogo, perché la nostra legislazione è oggi vieppiù condizionata da potentati, pubblici o parapubblici, a cominciare dall'alta burocrazia (che trionfa soprattutto nei periodi in cui la politica è debole, come ora). E fra i più potenti gruppi di potere (favoriti da un appoggio bipartisan) ci sono di certo i Comuni che - adusi a non limitarsi in alcun spreco, com'è sotto gli occhi di tutti - sono anche assatanati di soldi, vogliono spendere, vogliono costruire alloggi (che saranno peraltro pronti - spesso per essere subito abusivamente occupati - fra decenni).
*presidente di Confedilizia
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