Lusi ai pm: "Il tesoro? Il 60% agli ex popolari e il 40% ai rutelliani"

L’ex cassiere della Margherita: "C’era chi sapeva delle case. Rendo tutto". La replica: "Delirio diffamatorio". La procura frena sui vertici del partito

Lusi ai pm: "Il tesoro?  Il 60% agli ex popolari  e il 40% ai rutelliani"

Roma - La mattina del dopo Lusi è un susseguirsi di smentite e minacce di querele che non riescono a fermare la spirale di sospetti intorno alla gestione dei conti della ex Margherita. Anche la Procura scende in campo per rettificare quanto scritto dai giornali sul contenuto dell’interrogatorio fiume dell’ex tesoriere infedele, e cioè che i vertici del partito fossero a conoscenza delle uscite di denaro dalla cassa amministrata da Luigi Lusi e che ci fosse un accordo per spartirsi i soldi tra alcuni esponenti del partito. Lo stesso avvocato del senatore, Luca Petrucci, che pure era presente al faccia a faccia con i pm, nega che il tesoriere abbia accusato qualcuno.

Eppure Lusi ha parlato. E lo ha fatto per quasi sette ore, facendo mettere a verbale anche dichiarazioni come questa, senza fornire riscontri: «Dell’acquisto degli immobili c’era chi sapeva. Così come era nota l’esigenza di investire nel modo più intelligente possibile la liquidità del partito proveniente dal rimborso delle varie elezioni». Nomi, però, non ne fa: «So bene che nessuno di loro confermerebbe le mie parole». Soprattutto perché nessuno gli avrebbe mai conferito il mandato fiduciario. Lusi, insomma, avrebbe provato a convincere i magistrati che le proprietà - l’appartamento di via Monserrato e le ville di Genzano (il cui valore oscillerebbe tra i 6 e i 7 milioni di euro) e di Ariccia - sarebbero state acquistate per investimenti del partito non per suo arricchimento personale. Senza andare oltre.

Ma a dar man forte ai Dl, che non sanno più come fare per dimostrare che l’ex tesoriere ha agito soltanto per proprio conto tradendo la loro fiducia, è arrivata la precisazione della Procura: «Il senatore non ha mai affermato che le operazioni di investimento immobiliare e mobiliare da lui effettuate con i fondi della Margherita sarebbero state concordate o comunque conosciute dai vertici del partito».

Anche l’avvocato Petrucci tira il freno a mano: «Il senatore si è assunto tutte le proprie responsabilità: ha illustrato con dovizia di particolari il meccanismo del sistema del quale lui solo, nella sua autonomia di tesoriere, era responsabile. Non ha parlato di fatti o di responsabilità di terzi dei quali non è a conoscenza». Una versione inverosimile, quella di Lusi, anche per Titta Madia, legale della Margherita: «Se gli immobili fossero stati soltanto fittiziamente intestati a Lusi ci dovrebbe essere un atto scritto che dimostra la vera proprietà».

Secondo il settimanale Panorama due donne di fiducia di Lusi lavorano nel Pd: una è la nipote Sara, figlia del fratello Antonino sindaco Pd di Capistrello (l’Aquila).
La tensione tra gli ex Dl è sempre alle stelle. Le esternazioni del senatore vengono definite «un delirio diffamatorio» e si annunciano imminenti nuovi azioni giudiziarie: «Ridicolo sostenere di aver comprato case per il partito con soldi rubati intestandole a sè e ai familiari». I magistrati valutano le sue dichiarazioni, pur continuando a ripetere che a loro interessano i fatti, le questioni politiche, per ora, rimangono fuori dall’inchiesta. Nel verbale, comunque, Lusi fa riferimento a un patto per la spartizione del tesoro della Margherita tra le varie anime del partito - 40 per cento ai rutelliani e il 60 per cento ai popolari - di cui lui si sarebbe fatto garante. Fino al 2008 nessun problema: le risorse era sufficienti e le tensioni tra le varie componenti sotto controllo. Dal 2009 le cose cominciarono a complicarsi e il tesoriere iniziò ad annotare come venivano distribuite le risorse. Meccanismo che i popolari conoscevano bene. Così come lo conosceva Francesco Rutelli, che forse ha avuto qualcosa in più per essere stato presidente del partito e per lo stretto legame politico con lo stesso Lusi.

L’ex tesoriere ha insistito sul suo impegno per creare una serie di «posizioni finanziarie e immobiliari di carattere fiduciario» attraverso le società «Luigia» e «Ttt» sostenendo che, finita la liquidità del partito, questi «impieghi sarebbero stati dismessi, liquidati a vantaggio e nell’interesse della Margherita». Lusi ha spiegato anche che al termine del proprio mandato avrebbe fatto un consuntivo tra le spese personali sostenute e le spettanze che avrebbe ritenuto gli competessero.

Le cose, però, hanno preso un’altra piega. E ora si ritrova a temere l’arresto. Per questo si è detto pronto a restituire tutto il maltolto alla Margherita, offrendo di cedere al suo ex partito le quote della «Luigia ltd». Che tra l’altro è già sotto sequestro.

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