Lusi parla e i pm indagano sul pizzino scritto da Rutelli

L’ex leader della Margherita inviò un biglietto e una lettera al tesoriere E lo rimproverò per avere restituito al Parlamento europeo fondi non spesi

Lusi parla e i pm indagano  sul pizzino scritto da Rutelli

Un «pizzino» scritto da Francesco Rutelli di suo pugno e inviato a quello che all’epoca, nel 2009, era ancora il suo fidatissimo tesoriere e una lettera in cui l’ex leader Dl rimprovererebbe Luigi Lusi per aver restituito al parlamento europeo alcuni rimborsi ricevuti e non spesi dal Partito democratico europeo. «Una scelta fatta per paura», gli avrebbe contestato Rutelli spiegando di non condividere quella decisione. È intorno a questi documenti, consegnati sabato insieme ad altri dal senatore ai pm nel carcere di Rebibbia dove è stato interrogato, che ruota ormai l’inchiesta sui soldi della ex Margherita.

Le dieci righe autografe in cui l’ex presidente del disciolto partito darebbe indicazioni sull’erogazione dei finanziamenti vengono ritenute dai magistrati di un certo interesse investigativo, sempre che si accertino responsabilità diverse da quelle politiche. Sul punto è stata raccomandata la massima riservatezza ai legali del senatore, Luca Petrucci e Renato Archidiacono, in attesa dei dovuti riscontri. Allegato al «pizzino» c’era un’altra lettera, scritta da Rutelli al computer, nella quale si parlerebbe dei meccanismi di distribuzione dei fondi. Sempre nel 2009, nel periodo in cui le casse del partito erano ormai gestite in modo «allegro» e i controlli solo formali, dal pc di Lusi sono partite due e-mail indirizzate a Rutelli in cui il senatore gli fa presente che il meccanismo di distribuzione dei fondi non era più virtuoso «perché i soldi sono destinati a persone singole». Meglio sarebbe stato, avrebbe suggerito Lusi, destinarli ad associazioni e fondazioni. Come in effetti più tardi avvenne, con la fondazione di Rutelli e un’altra chiamata «Centocittà». Le nuove carte potrebbero portare a una svolta e convincere i pm che sia arrivato il momento di chiedere spiegazioni anche ad altri. Di certo saranno determinanti per l’esito della richiesta di scarcerazione che verrà presentata in settimana.

Erano i tempi del noto «patto scellerato» di distribuzione delle risorse (60/40) tra rutelliani e popolari di cui l’ex tesoriere era garante quelli di cui parla Lusi. Le verifiche sulle fatture presentate dai parlamentari per i rimborsi, ormai, non erano più scrupolose come accadeva prima del 2007 e non sarebbe stato lui l’unico ad approfittare di questa situazione. «Dentro quel sistema ci sguazzavano tutti», ha detto. Di certo oggi sembra lontana anni luce la fase in cui si pensava di chiudere frettolosamente la vicenda con un patteggiamento, un’ammissione di responsabilità da parte dell’ex tesoriere che così avrebbe evitato il carcere risparmiando ad altri qualche imbarazzo. Ormai siamo allo scontro frontale. Dal cassetto del senatore sono saltati fuori i documenti che mancavano. Oggi i magistrati se li studieranno prima di decidere le prossime mosse. Lusi ha tirato in ballo Rutelli, ma anche il presidente dell’Assemblea federale Enzo Bianco. Con loro avrebbe fatto l’accordo per la spartizione del denaro per evitare che, dopo lo scioglimento, finisse nelle casse del Pd. «Non solo è tutto falso, ma anche colpevolmente denigratorio», ha replicato Bianco. Ma Lusi è andato anche oltre, rivelando che da Rutelli avrebbe ricevuto l’input per gli investimenti immobiliari. La casa nel centro di Roma e le due ville acquistate con i soldi della Margherita erano sì intestate a lui e ai suoi familiari, ma nell’ottica di un investimento che sarebbe rimasto a disposizione dopo lo scioglimento del partito. Lusi avrebbe operato così su suggerimento ricevuto dallo stesso Rutelli nel corso di un incontro le cui modalità sono state circostanziate durante l’interrogatorio. Sarebbe stato il leader di Api, insomma, a chiedergli di diminuire la liquidità del partito comprando case, operazioni tutte tracciabili, e creando una cassa autonoma con investimenti fiduciari. L’avvocato Titta Madia, che assiste l’ex sindaco di Roma, è pronto a presentare una denuncia per calunnia.

Rutelli attacca invece i giornali che fanno da megafono a Lusi: «Egli sa di poter diffamare e mentire: le sue palesi menzogne saranno comunque amplificate. Quanto ancora durerà il tormento delle sue vittime? Qualunque calunnia proferisca ottiene titoli distruttivi per l’onorabilità di persone perbene».

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