Mafia, i pm di Palermo la spuntano: torna in Italia Vito Roberto Palazzolo

Sì all'estradizione del boss, sul quale cominciò a indagare negli anni Ottanta Giovanni Falcone: deve scontare una condanna definitiva a nove anni per associazione mafiosa. Una vita da latitante sui generis, trascorsa da magnate e re del commercio dei diamanti in Sud Africa. Il

Il primo a intuire che il fiume di denaro del narcotraffico dei primi anni Ottanta che passava dalla Sicilia venivano riciclati grazie a lui fu Giovanni Falcone. Ma per anni e anni Vito Roberto Palazzolo, per i pm e gli inquirenti di mezzo mondo che lo hanno inseguito, è stato quasi un inafferrabile. O meglio un intoccabile, visto che si era ricostruito una più che rispettabile identità in Sud Africa, come commerciante di diamanti e di una miriade di attività. Ma adesso per il boss è finita: prima l'arresto a sorpresa in Thailandia; e adesso sì alla sua estradizione in Italia, dove deve scontare una condanna a nove anni per associazione mafiosa.
Un braccio di ferro lungo anni, quello che la Procura di Palermo ha messo in atto per riuscire a riportare in Italia Palazzolo. Sessantacinque anni, originario di Terrasini (Palermo), Palazzolo non mette piede in Italia dall'ormai lontanissimo 1982. Il suo nome emerge per la prima volta in una delle indagini più celebri sul narcotraffico tra Stati Uniti e Sicilia, la cosiddetta «Pizza connection». È Giovanni Falcone a intuire il calibro del personaggio, a comprendere il suo ruolo nel riciclaggio del denaro frutto del traffico e della raffinazione dell'eroina. Ma Palazzolo lascia la Sicilia. Nel 1985 lo beccano gli inquirenti svizzeri, che lo condannano a tre anni di carcere per riciclaggio di denaro. Ma grazie a un permesso, Palazzolo lascia l'Europa e si rifugia in Sud Africa. Inizialmente prende il nome di un compagno di cella, Domenico Frappoli. Catturato di nuovo dagli inquirenti elvetici, finisce di scontare la pena in Svizzera. E torna in Sud Africa. Lì, ottenuta nel 1994 la cittadinanza, si trasforma in magnate. Si ribattezza come Robert Van Palace Kolbatschenko (ha sposato un'ereditiera russa). E diventa una delle personalità più influenti del Sud Africa: re dei diamanti e del commercio di pietre preziose grazie alla sua «Van Palace Diamond Cutters»; allevatore di struzzi, patron di lussuosi night club e discoteche; è persino il proprietario dell'azienda che imbottiglia l'acqua «Le vie de Luc», quella servita sugli aerei della compagnia di bandiera sudafricana. Un latitante di lusso, o meglio un intoccabile di lusso, visto che gli inquirenti hanno sempre saputo dove si trovava, anche se non potevano torcergli un capello visto che il reato di associazione mafiosa non è riconosciuto in Sud Africa.
I «no» alla sua estradizione, nonostante la condanna a nove anni per associazione mafiosa diventata definitiva nel 2009, non si contano. La svolta un anno e mezzo fa, quando Vito Roberto Palazzolo viene arrestato in Thailandia, all'aeroporto di Bangkock. La battaglia legale, visto che il reato di associazione mafiosa non esiste neanche in Thailandia, è stata lunga. Un anno fa il primo sì all'estradizione delle autorità thailandesi. E adesso il sì definitivo.


Soddisfatto il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, che ha seguito passo passo la vicenda: «È stata una procedura molto lunga - ha spiegato il pm - in quanto è stato coinvolto uno Stato che non fa parte dell'area Schengen».

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