Non è la prima volta che viene lanciato un allarme del genere. È accaduto anche nel 2011 con la caduta dell'Upper Atmosphere Research Satellite (UARS), 5900 chilogrammi di ingegneria spaziale al servizio degli studi atmosferici inerenti soprattutto il buco dell'ozono.
Alla fine, però, non ci furono danni o vittime, poiché i resti dell'oggetto finirono in pieno oceano Pacifico. Nel 1979 precipitò Skylab, 74 tonnellate di peso. I suoi resti - frammenti fino a due metri di lunghezza - impattarono con la superficie marina dell'Oceano Indiano. Più pericolosa fu la fine di Cosmos 1, un satellite russo a propulsione nucleare, che si disintegrò nei cieli canadesi nel 1978.
In questo caso si temettero soprattutto i numerosi frammenti radioattivi sparsi su un'area di 100mila chilometri quadrati, per fortuna disabitata. Altrettanti problemi si sono verificati con l'utilizzo di razzi e navicelle. Il 22 gennaio 1997 il secondo stadio di un razzo Delta 2, pesante 250 chilogrammi, cadde nei pressi di Georgetown, in Texas; lo stesso accadde il 27 aprile del 2000, con il secondo stadio di un razzo Delta II, i cui resti colpirono alcune lande sudafricane.
La stazione spaziale russa MIR, invece, durante il rientro programmato per il 23 marzo del 2001, perse 136 tonnellate di materiale potenzialmente pericolosissimo in una zona remota dell'Australia orientale, distribuita su 2mila chilometri quadrati.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.