Ornaghi, il cattolico austero che passa per lottizzatore

Il ministro dei Beni culturali, sosia del telecronista Pizzul, era tra i più defilati Ma quando ha ripescato la Pd Melandri per dirigere il Maxxi è finito nel tritacarne

Ornaghi, il cattolico austero che passa per lottizzatore

Rimasto ostinatamente defilato per undici mesi, il ministro dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, è diventato famoso negli ultimi giorni grazie a Giovanna Melandri. Di colpo, si è fatto la fama dell'uomo che usa i poteri a capriccio invece che per il bene della cosa pubblica. Il conferimento della guida del museo Maxxi alla vezzosa deputata del Pd ha infatti suscitato l'indignazione generale.

Di Melandrina, a parte la grazia, null'altro è noto. Come ministro dei Beni culturali (1998-2001) si ha il solo ricordo della nursery che installò nello studio per le poppate del suo bebè. Da ministro dello Sport, tra il 2006 e 2008, quando apriva bocca i giornalisti la correggevano. Lei parlava dei «corridori della bicicletta» e loro rimbeccavano: «Si dice ciclisti». Diceva «pallacanestristi» e gli altri in coro: «Si chiamano cestisti». Una deliziosa svampita.

Dunque, appena si seppe del Maxxi, si disse subito che era un favoritismo e che Ornaghi era imbeccato dall'ex capogabinetto, Salvo Nastasi, un barbuto trentanovenne che al ministero fa il bello e il cattivo tempo. Costui avrebbe suggerito Melandri per ragioni parentali. Giovanna è infatti la cuginetta di Gianni Minoli, l'anchorman tv, di cui Nastasi è il genero avendone sposata la figlia Giulia. In questo viluppo sentimentale sarebbe rimasto irretito l'esimio professor Ornaghi, già rettore dell'università Cattolica di Milano e fedelissimo del cardinale Camillo Ruini, incline per formazione a favorire i ricongiungimenti familiari. Infatti, con l'incarico a Melandri, diventano tre i membri della famiglia nel borderò del ministero ornaghesco: la neoassunta, il citato Nastasi e lo stesso Minoli, da tempo presidente del Museo di Arte contemporanea di Rivoli. Sul pio Ornaghi può avere anche influito l'impulso evangelico di lenire con la poltrona museale il dolore che Giovanna avrebbe provato tra breve per la perdita dello scranno di Montecitorio, non più rinnovabile dopo cinque legislature.

La conferenza stampa con cui il ministro ha giustificato la sua decisione ha offerto un interessante colpo d'occhio. Tra Melandri e Ornaghi si è intrecciato un minuetto. «Parli lei, ministro». «Per carità, dica lei onorevole». «Le cifre le faccio io o le fa lei?», chiedeva Giovanna che si arrabattava a spiegare perché al Maxxi avrebbe fatto meraviglie. «Faccia lei, faccia lei», faceva lui con la sua voce profonda alla Bruno Pizzul (suo soprannome alla Cattolica, anche per la somiglianza fisica, nel tondo). A un certo punto, spiegando perché l'aveva scelta, Ornaghi ha detto: «È una persona di valore: ha la Legione d'onore e una laurea honoris causa». La spiegazione sembrò una tale cavolata che i giornalisti scoppiarono tutti a ridere. Poco dopo però il riso divenne rabbia. Quando infatti, finito il valzer tra i due, fu il loro turno di parlare, Gerardo Ferrari, portavoce del ministro, sibilò: «Non più di tre domande». «A testa?», urlò uno. «In tutto», replicò l'altro.

Il brusìo di sconcerto divenne ira quando, fatta la prima domanda scomoda, Ferrari la censurò sentenziando: «Questa non è una domanda», come fossimo a Cuba. L'incontro finì nel gelo e confermò l'impressione che il ministro fosse sorvegliato a vista, che se ne impipi della stampa e che, per dirla tutta, non è chiaro cosa combini tutto il giorno. Non solo i giornalisti non riescono a incontrarlo perché Ferrari, dopo averli tenuti settimane sulla corda, rifiuta l'intervista, ma è lo stesso Ornaghi che è uccel di bosco al ministero. Non lo si vede quasi mai e, in circa un anno, si sarebbe affacciato sì e no dieci di volte.

Ornaghi è rimasto con la testa a Milano in Largo Gemelli, sede dell'università Cattolica. Ogni inizio settimana, cascasse il mondo, è nel suo ufficio al primo chiostro come fa dal 2002, l'anno in cui fu nominato Rettore, riconfermato poi altre due volte. Conduce la vita che faceva prima di essere ministro e ha le mani in pasta allo stesso modo. Si è dimesso da Rettore dieci mesi dopo l'entrata nel governo, solo quando è stato certo che il successore sarà Franco Anelli, suo alter ego.

Lorenzo è uno scapolo dalla vita discreta. Non ha auto propria perché oggi ha quella blu del ministero e a Milano veniva a prenderlo l'autista della Cattolica per depositarlo in Rettorato dove si asserragliava con i suoi uomini. In primis, il quarantasettenne Ferrari, che già conosciamo come cerbero antigiornalisti al ministero, e che prima era portavoce dell'Università. Poi il fedele segretario, Alessandro Tuzzi, un trentacinquenne che Ornaghi, una volta ministro, ha prima promosso vicedirettore amministrativo dell'Ateneo e in seguito piazzato, come Caligola fece col cavallo, nel cda della Scala. Nomina che, come quella di Melandri, fece scalpore. Truzzi, infatti, ha zero competenze musicali come Giovanna non capisce un acca di arte. Due scelte che stridono clamorosamente con gli insegnamenti dell'Ateneo che Ornaghi diresse per lustri. Infatti, per ironia, la Cattolica ha un corso di laurea proprio per manager culturali (musei, teatri, ecc) in cui allo studio dell'economia si unisce quello di lettere e arti, nella convinzione che solo dal connubio nasca il dirigente ideale di un'istituzione artistica.

Ornaghi, invece, proprio quando, da ministro, ha l'occasione di fare scelte coerenti casca nel vizio nazionale di intrufolare un suo favorito e la raccomandata di turno. Le nomine sono la sua unica attività e se continua così la sola impronta che lascerà al ministero è di averle sbagliate tutte. Ne sta facendo una grossa pure al Museo Egizio di Torino dove, sempre su input del prezzemolesco Nastasi, ha proposto la segretaria del medesimo, Carla Gobetti, a presidente del Collegio dei revisori. Pare però che la signora manchi di qualsiasi titolo d'idoneità e che sotto la Mole schiumino di rabbia.

Lorenzo è un imponente single di 64 anni nato nel borgo monzese di Villasanta. Fu pupillo di Gianfranco Miglio di cui ha poi ereditato la cattedra di Dottrine politiche alla Cattolica. Prima, però, si fece le ossa nell'Ateneo di Teramo, chiamato da Rocco Buttiglione, attuale presidente dell'Udc. Di qui, la voce che Lorenzo voglia nel 2013 farsi incoronare deputato con il partito di Casini. Suo Lord Protettore è il cardinale Ruini che lo impose come rettore. Fa inoltre coppia fissa con Dino Boffo - anche lui nelle grazie di Ruini e protégé del cardinale Bagnasco - che, come membro del cda, è la sua pedina nell'Istituto Toniolo, cassaforte della Cattolica. Insomma, è molto addentro nelle cose dei preti tanto che prende parte alle loro liti.

Quando il cardinale, Tarcisio Bertone, tentò di fare le scarpe al cardinale Dionigi Tettamanzi (era in palio la guida del Toniolo), Ornaghi si mise con Dionigi e gli ispirò una letteraccia al Papa contro Tarcisio. Per la cronaca, vinse Lorenzo. Ma resta il quesito: che ci fa un chierico nel governo della Repubblica italiana?

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