Silvio Berlusconi ha sempre avuto un chiodo fisso. È sempre stato convinto che la persecuzione di cui è stato oggetto per trent'anni da parte degli odiatori di sinistra e delle toghe politicizzate fosse nata dalla vittoria elettorale del '94: «Sono vittima del loro rancore». Analisi fondata che si accompagna anche ad una suggestione: se non ci fosse stato simile peccato originale probabilmente il bipolarismo italiano non si sarebbe trasformato in una perenne sfida muscolare e forse il Cavaliere avrebbe vestito i panni che preferiva, quelli del Pacificatore.
Naturalmente con i «se» non si fa la Storia, ma se è vero che Berlusconi è stato vittima di un accanimento giudiziario senza precedenti, la sua reazione contro la magistratura e contro una certa sinistra è stata solo una legittima difesa. Umana oltre che politica. E la dimostrazione che il personaggio fosse più portato ad unire che a dividere lo prova una strana coincidenza: più il Cav subiva aggressioni (politiche, giudiziarie per non dire fisiche) e più porgeva l'altra guancia per garantire la governabilità del Paese. Può apparire paradossale rispetto a come il personaggio è stato dipinto, ma se si fa un'analisi dei fatti non lo è.
Nel '95 la procura di Milano recapita nella buca delle poste del Corriere della Sera il famoso avviso di garanzia a Berlusconi (poi nel processo sarà assolto) che determina la fine del suo primo governo. Eppure il Cavaliere, dopo una sacrosanta sfuriata, permette a Lamberto Dini di andare a Palazzo Chigi. Passiamo al 2009, di nuovo al governo da un anno Berlusconi con il discorso di Onna raggiunge un altissimo gradimento nel Paese. Passa qualche mese e Luciano Violante avverte Cicchitto e Quagliariello, all'epoca parlamentari di Forza Italia, che la procura di Milano per colpirlo stava imbastendo il filone che portò al caso Ruby (altra assoluzione). Il meccanismo mediatico-giudiziario crea nel Paese, e a livello internazionale, l'atmosfera che porterà alla crisi. Chiunque avrebbe sbattuto la porta e mandato tutti all'inferno, invece Berlusconi fa nascere il governo Monti e, dopo le elezioni che sfociano in un pareggio, dà il via libera al governo Letta. Ancora un anno e gli arriva una condanna per frode fiscale che ha il sapore dell'ingiustizia della Colonna Infame e subito dopo viene fatto decadere, con una procedura sconcertante, da senatore. Eppure il Cav asseconda Matteo Renzi con il Patto del Nazareno. Si ripete in buona misura con il governo di Paolo Gentiloni. E, nella legislatura successiva, permette a Salvini di mettere in piedi un esecutivo con i grillini senza fare saltare il centrodestra e poi apre la strada al governo Draghi.
Diciamo subito che Berlusconi non ha mai ambito alla santità ma ha sempre tentato di svolgere una funzione di equilibrio per garantire la governabilità. Un ruolo che, in piena stagione populista e sovranista, non va dimenticato, gli è costato un mare di voti.
Domande: d'ora in avanti chi avrà il coraggio di assumersi questa responsabilità? Chi sacrificherà, quando sarà necessario, gli interessi di parte per assicurare stabilità al Paese, secondo la visione di uno statista? Come pure, specularmente, quel pezzo di sinistra che è abituato a interpretare il bipolarismo come una sfida all'OK Corral, quello che contesta il lutto nazionale per la sua scomparsa, chi eleggerà come nemico? Adesso senza il Cavaliere il sistema non ha «un punto di equilibrio» e gli odiatori non hanno un «bersaglio». È la fotografia del vuoto che ha lasciato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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