Il Pd "scalabile" adesso agita Bersani

Imbarazzo dopo l’uscita del direttore di Repubblica Ezio Mauro. Il segretario: "Io candidato premier? Spero non da solo"

Il Pd "scalabile" adesso agita Bersani

 Che meraviglia, che affer­mazione glamour: il Pd è «scalabi­le ».Detta con Ezio Mauro, la formu­la di «un partito forte perché scala­bile, robusto e nuovo perché con­tendibile, che sappia aprirsi alla so­cietà e accetti di correre dei rischi pur di portare all’interno la monta­gna di energia democratica che c’è nel paese», ha il suono vellutato del canto di sirena. Irresistibile. Come l’afflato mistico del direttore di Re­pubblica, l’altra sera a Otto e mezzo della Gruber. Ma i sogni muoiono all’alba. La maledetta realtà che ti opprime. I conti con la storia. Si sa come e cosa succede: all’improvvi­so il problema ti appare sotto luce nuova e diversa. Quello del Pd si riassume facile: togli oggi, togli do­mani, alla fine diventi scatola vuo­ta. Un pacco. Nel quale chiunque pensa di infilarci quello che vuole. Il cosiddetto «partito di Repubbli­ca» («che scemenza immaginar­lo!», dice Mauro) le«liste della lega­lità» con Saviano, Beppe Grillo il «non programma» di Cinque stel­le, Vendola una dose di rosso anti­co, Di Pietro qualche toga d’avan­zo, Matteo Renzi il suo concreti­smo alla fiorentina. Pier Luigi Bersani, segretario tra­vicello del partito scalabile, si barri­ca come può. Anzitutto con le «pri­marie», vec­chio strumento inventato da Prodi per raffor­zarsi e tenuto vi­voda Vendola per le sue espli­cite «Opa» al partito che ha voti ma non idee. Bersani conferma così al Tg1 che sarà il candidato pre­mier per il 2013 (non c’erano dubbi) ma, spe­ra, «non da so­lo». Le primarie serviranno a qualcosa soltan­to ­se verrà scon­fitto lo sfidante interno più bat­tagliero, Matteo Renzi, e ridotto al silenzio. Questo il passo più impor­tante, che verrà ufficializzato alla di­rezione di venerdì. Mentre sugli al­leati il leader sembra prendere un altro po’ di tempo. «Usciremo dal bricolage delle alleanze politiche dice -, ma ora il problema è il rap­porto tra il nostro partito, la politica e la società. Quindi alla direzione verrà fatta una proposta molto aperta».

Prima di tutto, insomma, Bersa­ni vuole prima di mostrarsi Re in ca­sa propria. Già, perché il vero pro­blema del Pd non sembra più veni­re dall’interno, quanto dall’ester­no delle mura del Nazareno. Dalle «scalate ostili», tipo quelle delle li­ste civiche o della legalità che dir si voglia. Potenziale di idee, come giu­st­amente sostiene il direttore di Re­pubblica, che il Pd rischia né di capi­re, né di contenere, né di intercetta­re.

Per provarci, non basterà riem­pire in qualche modo il vuoto spin­to. Ci vorrebbe un’anima vera, una cornice solida. Prodi tentò di co­struirla, ma venne cacciato. Veltro­ni immaginò di cavarsela con un de­mocrat party, ma andò peggio. Quindi Rutelli - lo si comincia a ca­pire dall’inchiesta Lusi - ha cercato di risucchiare il grande nel piccolo, il fiore Pd nell’Api. Esercizio fisico interessante, ma troppo rischioso. Quello delle scalate ostili al Pd, in definitiva, è un nodo vecchio e irri­solto. Più di identità che di chiusu­ra al nuovo. Diremmo costitutivo. E se Vendola muove le sue «Opa» con candidati vincenti alle Prima­rie (Pisapia, Doria, Zedda), altri l’hanno fatto o si apprestano a ri­provarci in maniere meno traspa­renti. La stessa uscita di Fassina e dei «giovani turchi» contro il gover­no è stata spiegata dall’esigenza di difendere Bersani da pressioni «esterne» al partito (ieri il segreta­rio ha ribadito anche che si resta su Monti«senza se e senza ma»). Anco­ra meno trasparente sarebbe una «lista della legalità apparentata al Pd», come evocato dal direttore di Repubblica.

 Il quotidiano di De Be­nedetti sarà pure «meno di un parti­to e più di un giornale», ma il suo proprietario non ha mai nascosto di operare come lobbista della poli­tica. Trattandosi, in materia di sca­late ostili, di un vero specialista. 

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