Priorità alle minoranze e metaverso inclusivo: i programmi DEI di Meta destinati al taglio

Il colosso di proprietà Zuckerberg interromperà con effetto immediato i suoi principali programmi di diversità, equità e inclusione

Priorità alle minoranze e metaverso inclusivo: i programmi DEI di Meta destinati al taglio
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È arrivata l'ora del de profundis per i programmi DEI (diversità, uguaglianza, inclusione) di Meta. Come ormai noto, l’azienda di Mark Zuckeberg proprietà tra le altre cose di Facebook, Instagram e Whatsapp ha fatto sapere ai suoi dipendenti che interromperà con effetto immediato i progetti ultra-woke nelle procedure di assunzione, nella formazione e nella selezione dei fornitori. Un segnale forte, un riposizionamento legato indissolubilmente alla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali che potrebbe avere delle ricadute non solo sulle scelte etiche ma anche sulle pratiche commerciali.

Ma quali sono le pratiche DEI che verranno tagliate? Meta per il momento ha annunciato solo di voler cancellare questa strategia che negli ultimi anni ha acceso dibattiti roventi, soprattutto per la discriminazione nei confronti dei bianchi, messi spesso in secondo piano per dare spazio alle minoranze. I numeri parlano chiaro: come emerso nell’ultimo report disponibile (2022, ndr), dal 2019 Meta ha raddoppiato il numero di donne nella forza lavoro globale e il numero di dipendenti neri e ispanici negli Stati Uniti. I membri della comunità Lgbt rappresentano invece il 10 per cento della forza lavoro. Nel 2021 è stato tagliato il traguardo fissato nei confronti dei fornitori diversificati (spesi 1,26 miliardi di dollari) e delle aziende di proprietà di neri negli States (oltre 306 milioni di dollari).

Meta ha avviato i programmi DEI nel 2014, ma uno dei progetti più woke è recentissimo: parliamo del Metaverso iper-progressista. Il colosso dei social ha collaborato con aziende, sviluppatori ed esperti per costruire il metaverso secondo i parametri di diversità, uguaglianza e inclusione. Cosa vuol dire? Meta offre più di un quintilione di diverse combinazioni di attributi per i Meta Avatar, dalle tonalità della pelle alle forme del viso, passando per i dispositivi di assistenza, come apparecchi acustici e sedie a rotelle, in modo che “tutti possano sentirsi rappresentati e inclusi”. Senza dimenticare l'attenzione all'universo arcobaleno, ovviamente.

Tra le pratiche discriminatorie rientra sicuramente il discorso delle quote. Nel 2020 Meta si è posto la sfida di aumentare del 30 per cento il numero di leader neri. Stesso discorso per le donne. Attenzione al genere e alla razza, non alla meritocrazia: il trionfo della cultura del risveglio. Tornando al discorso dei fornitori, il colosso a stelle e strisce era entrato a fare parte del Billion Dollar Roundtable (BDR), un piccolo gruppo di aziende che spendono annualmente almeno 1 miliardo di dollari con aziende certificate di proprietà di minoranze, donne, veterani, LGBTQ+ e persone con disabilità. “Supportando fornitori diversificati e assumendo persone con una varietà di background e prospettive, siamo in grado di creare esperienze migliori per tutti” la spiegazione dei vertici: “Continueremo a sviluppare una forza lavoro più diversificata ed equa, ma sappiamo che questo lavoro è ben lungi dall'essere finito. Insieme, attraverso dedizione e innovazione, ci impegneremo a rendere la tecnologia e il Metaverso più inclusivi”.

Anche l’intelligenza artificiale è finita sotto il giudizio DEI. La società di Zuckerberg ha imposto agli sviluppatori di “promuovere diversità e inclusione”. Ma com’è possibile? Semplice: attraverso tecniche per identificare quando l’AI può “portare a giudizi distorti o ingiusti”, così da eliminare “potenziali pregiudizi”.

Tra gli esempi forniti nel report, c’è quello di una ricercatrice, Angela, che utilizza l’intelligenza artificiale per rendere Wikipedia più rappresentativa della piena diversità di personaggi storici e promotori del cambiamento.

Un'impostazione indiscutibilmente ideologica. Ora, con la sterzata di Zuckerberg, potrebbe tornare in voga il buonsenso. O almeno questa è la speranza.

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