In Italia, patria della buona cucina, arrivano sulle tavole un gran numero di alimenti contaminati. È quanto sostiene la Coldiretti, che ieri a Napoli ha riunito 10.000 agricoltori alla presenza del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina ha lanciato un duro j'accuse all'import indiscriminato di alimenti.
Le importazioni agroalimentari in Italia hanno raggiunto i 39 miliardi di euro nel 2013, in crescita del 20 per cento rispetto al 2007. Nel mirino della Coldiretti ci sono l'Unione Europea, che stringe accordi di libero scambio giudicati dannosi, e la politica nostrana, che non difende il «made in Italy». È il punto di vista di un'associazione che ovviamente difende gli interessi dei produttori italiani e perciò non è particolarmente fan del libero mercato, eppure la classifica dei «cibi contaminati» presentata ieri desta qualche legittima preoccupazione.
Si inizia con il peperoncino proveniente dal Vietnam, che per la Coldiretti è contaminato da residui chimici nel 61,5 per cento dei campioni. L'Italia ne ha importati nel solo 2013 ben 273mila tonnellate per la preparazione di sughi tipici come l'arrabbiata o la diavola. Nella classifica si trovano anche lenticchie provenienti dalla Turchia, irregolari nel 24 per cento dei casi, e le arance dell'Uruguay, con il 19 per cento dei campioni irregolari per la presenza di pesticidi vietati in Italia.
Un vero boom lo hanno registrato le foglie di the in arrivo dalla Cina, irregolari nel 15 per cento dei casi, le cui importazioni nel 2014 sono cresciute del 1.100 per cento. Non si salva neanche la pizza, e due su tre di quelle servite in Italia sono ottenute con prodotti ottenuti a migliaia di chilometri di distanza. Quelle che i coltivatori definiscono vere e proprie «frodi» sono triplicate da quando c'è la crisi economica e la Coldiretti denuncia una concorrenza non solo sleale, ma anche pericolosa per la salute dei consumatori. Che hanno però le tasche sempre più vuote e proprio per questo motivo si gettano a capofitto nei discount alla ricerca di cibi low cost.
È tornata l'economia domestica e si risparmia su tutto, diminuendo gli sprechi a tavola, facendo la spesa in maniera più oculata e riducendo le quantità acquistate. E la nuova austerity a tavola incide sulle vendite di pasta (-5 per cento di vendite da inizio anno), sull'olio (-4 per cento) e sul pesce (-7 per cento), con tutta la dieta mediterranea a subire drastici tagli.
Il 2014 sul fronte alimentare è iniziato come peggio non si poteva e i consumi hanno fatto registrare un tonfo mai visto prima. Si sta tornando indietro nel tempo, e la spesa direttamente dal contadino nel solo 2013 è cresciuta del 25 per cento rispetto all'anno prima. Ma per rilanciare i consumi si confida nel bonus irpef di 80 euro, che un italiano su quattro si ipotizza userà per acquistare alimenti.
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