Portoghese, danese, greco Il Pd non pensa in italiano

Il vizio di copiare l’erba del vicino (o lontano): per scrivere le riforme il partito fa il giro del mondo. Ma resta fermo

Portoghese, danese, greco  Il Pd non pensa in italiano

Rischiavamo di «finire come la Gre­cia », quando una lettera spiegò che dove­vamo fare quello che «imponeva Bruxel­les ». Il fatto accadde l’estate scorsa, pro­prio mentre erano in molti a chiedere di «fare come la Spagna», cioè le elezioni an­ticipate. Nel frattempo, è chiaro, la nostra giustizia nelle graduatorie internazionali restava dietro quella dell’Angola e del Ga­bon (modelli di riferimento dipietristi); l’indice di corruzione del Paese guardava a Namibia, Malaysia e Samoa come a un miraggio (noi 63.esimi, loro 56.esimi); il li­vello dell’informazione ben sotto quello del Benin. Ovvio che in una situazione del genere ci s’arrovellasse pure sulla legge elettorale: modello ungherese o australia­no? Nell’incertezza,si preferì la grosse koa­lition alla tedesca e si tentò una riforma del lavoro danese. Qui il Pd si impuntò: perché non il modello tedesco? E il leader Bersani ( nella foto ) chiarì (ieri): «Neppure in Portogallo tolgono il reintegro».

Come girare il mondo stando comoda­mente seduti a casa loro (il Parlamento). Per i nostri politici il raffronto con l’erba del vicino è l’indispensabile corollario al­la logica del Nimby ( non nel mio cortile ), e si conclude invariabilmente con la consta­tazione che è sempre più verde. Verde o al verde? Anzitutto va precisato che ora è la Spagna a rischiare la fine della Grecia, mentre noi,piuttosto all’italiana,ci avvol­toliamo in chiacchiere da spread . Ma sic­come il distacco dai bund tedeschi èe sarà incolmabile, tutti si esercita­no a proporre esempi lontani e virtuosi. Sulla carta, perché poi tutti i modelli, non appe­na sbarcano a Marsala, prendono connotati niente affatto riconoscibili. Pensia­mo al modello Westminster , l’uninominale all’inglese chie­st­o da Pannella quando indossava an­cora i pantaloni corti ( alla zuava, tanto per cambiare) che nel ’93 partorì il Mattarel­lum , e d’inglese era rimasto soltanto il twe­ed degli abiti di Mattarella, appunto.

Nei sistemi elettorali si coniuga al massimo esterofilia e fantasia na­zionale. Il D’Alema della Bica­merale avrebbe fatto carte false per il «doppio turno al­la francese», eppure oggi l’ha cornificato con un«pro­porzionale alla tedesca», già carissimo a Casini, socialisti, comunisti. E Fini? A un certo pun­to sposò un fantomatico sistema «al­l’israeliana », ma poco prima che il siste­ma stesso implodesse per vischiosità. Peg­gio ancora è andato di recente al Pd che, dopo averci provato timidamente con il veltroniano Ceccanti - ddl presentato in Senato per il sistema«all’australiana»(vo­to alternativo trasferibile, nel senso che vo­ti una tua personale top­five e poi se non sa­le uno sale l’altro) - s’era faticosamente trovato d’accordo sul mirabolante «siste­ma all’ungherese ». Proprio due giorni pri­ma che scoppiasse in Europa lo scandalo su un modello che aveva consentito al pre­mier Orban una svolta para-fascista. Ber­sani s’infuriò: «Guai al primo coglione che torna a parlarmi d’Ungheria!».

Alla storia del «vorrei ma non posso» non è mancato il sogno di una sinistra su­damericana ( il bertinottiano modello Cha­vez , sostituito in fretta da un modello ar­gentino con scappellamento «alla Bolivia di Morales»), né quello del «socialismo dei cittadini» alla Zapatero. E neppure i classici raffronti in negativo con l’Africa australe: «Manco nello Zimbawe!», escla­mò uno stralunato Mauro Masi in un’in­tercettazione alla Rai.

Secoli sono passati da quando Mussolini voleva «spezzare le catene delle democrazie plutocratiche» e,pur d’imporre il modello italiano,di con­seguenza persino le reni alla Grecia. Ora tutto il mondo è paese, e l’Italia - sostene­va Flaiano - soltanto «un Paese dove sono accampati gli italiani». I quali guardano fuori, pur di non guardarsi dentro.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica