Il premier scopre le carte: vertice coi centristi

Casini, Montezemolo e Riccardi a Palazzo Chigi da Monti per il summit decisivo. Sabato o domenica il discorso programmatico

Il premier Mario Monti a Roma
Il premier Mario Monti a Roma

Roma Se i «sogni di Monti non li conosce nemmeno la sua signora», come racconta il ministro Riccardi, il film d'avventura che cerca di realizzarli - Prof regista nonché attore protagonista - viene girato davanti agli occhi di tutti. Cioè nelle stanze del Palazzo che più Palazzo non si può, quello di largo Chigi, sede del governo. È lì che il premier, impegnato da settimane in riflessioni personali e riunioni riservate, ieri mattina convoca e riceve il cast di prima fila: Luca Cordero di Montezemolo, Pier Ferdinando Casini, Lorenzo Cesa e lo stesso Riccardi, punto di raccordo del mondo cattolico, dall'associazionismo fino al Vaticano.
Sarà stato per non smentire chi la percepisce appunto come «operazione di Palazzo» o, per dirla con Vendola, di un gruppo di forze «molto presenti nei corridoi del Palazzo ma non nel Paese». Avrà contato pure una tecnica inesperienza, fatto sta che si poteva fare di meglio, all'alba della Terza Repubblica. L'unico ad accorgersene istintivamente è Casini, che difatti si nasconde dietro la foglia di fico: «Non abbiamo parlato della sua discesa in campo». Ma subito si tradisce, cercando di declamare il suo «non disertiamo», nonché il verbo del Prof, in tutte le salse. Il dado è tratto, come si intuiva da giorni. E, all'uscita, Montezemolo può dare il via telefonico alla pre-raccolta di firme sul sito puoicontarci.org, con il motto: «Vogliamo cambiare l'Italia, contiamo su di te». Guarda tu la coincidenza.

È il segno dell'avverata benedizione montiana, dell'habemus Papam, e del lavoro preparatorio che non tarderà a manifestarsi nei prossimi giorni. Il premier ha preso atto dello slittamento nell'approvazione della legge di Stabilità, che lo costringe ad annullare la prevista conferenza stampa di fine anno e le sue dimissioni. Ma, si ragiona, forse è stato un bene, visto che uno dei problemi cardine è la conduzione della campagna elettorale. Approfittare dei salotti televisivi durante il periodo natalizio, quando intere famiglie saranno riunite attorno al presepe catodico, al vertice viene ritenuta occasione da non perdere. Non si deve lasciare a Berlusconi una prateria sconfinata, hanno convenuto. Sabato o domenica, sempre che la legge di Stabilità vada in porto, Monti (nel tondo) potrebbe tenere il suo discorso, che ormai i suoi uomini definiscono senza timidezze Manifesto programmatico. Attorno ad esso verrà chiesto alle forze politiche già esistenti in Parlamento di coagularsi. Solo chi aderisce all'«agenda del Prof», cioè alla continuazione di quel lavoro di riforme che il premier «sente come un'incompiuta», potrà fregiarsi nel simbolo del motto per Monti che, per tanti sopravvissuti a Prima e Seconda Repubblica, costituirà l'agognato lasciapassare per la Terza. «Non faremo analisi del sangue a nessuno», conferma Riccardi.

Eppure ci saranno montiani di prima fascia e di seconda. Serie A e serie B, considerato che uno dei punti cui sia Monti che Montezemolo tengono è quello dei «non politici di professione». Anche per questo, oltre che per ovvie difficoltà di carattere istituzionale, è stato tenuto fuori il presidente della Camera, Gianfranco Fini, messo al corrente per telefono da Monti e da Casini. Il suo Fli viene considerato ormai come «un'appendice dell'Udc». In pole ci saranno quelli di «Italia Futura per Monti»: e, se Montezemolo confermerà di non volersi candidare, i ruoli più in vista saranno per Riccardi, Olivero (che ieri s'è dimesso dalle Acli), Dellai (già inventore della Margherita), la pattuglia dei fedelissimi ministri (Moavero e Passera über alles) e personalità estranee ai partiti. Quasi sicura la lista unica al Senato, controversa la questione per la Camera: c'è chi considera più redditizia la presenza di più simboli.

Ultimo problema: come ribaltare l'immagine di Monti, uomo del rigore e delle tasse. «Sarà piuttosto un anti-Messia, un anti-leader», dice Riccardi, l'unico che «può salvare i poveracci». Non ci sarà molto da ridere. Perché i poveracci, neppure tanto in fondo, siamo proprio noi.

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