I sogni di gloria del gabbato muoiono all’alba. Dopo le mazzolate di retro-Monti, ora è il ministro Passera a congelare gli entusiasmi e a dare l’ennesima beffarda ristrutturata. «Ridurre le tasse è un obiettivo del governo, però non in questo momento, in futuro si vedrà». E ti pareva. Un futuro cupo per i pochi che hanno sempre pagato e pagheranno sempre di più. Spiega il ministro dello Sviluppo economico: «Per fare uno sconto a chi paga le tasse occorre creare le condizioni affinché nessuno le evada». Poteva dirlo prima che era una fiction.
Al governo tecnico non restano che le barricate sull’Iva. Passera promette di scongiurare l’ultimo balzello «che non avrebbe certo effetti positivi sull’economia». E già. Il Paese è a una svolta, complessivamente il decreto sviluppo metterà a disposizione 60-80 miliardi. E tra le opere il ponte sullo Stretto non è più una priorità. Ma mentre le forze della maggioranza discutono se approvare la riforma del lavoro prima del 28 giugno, il governo si appresta a presentare in Consiglio dei ministri la spending review, la revisione delle spese che tremare l’Italia fa. Il decreto mira a reperire risorse per circa 5 miliardi (la cifra oscilla tra il 4,9 e il 5,2) ma la forbice è destinata ad allargarsi in corso d’opera. Come detto, l’obiettivo dell’esecutivo è evitare l’aumento dell’Iva, ma - riferiscono fonti tecniche - non sono a bilancio le coperture degli oneri inderogabili (i fondi per le missioni di pace, per la manutenzione delle strade e delle ferrovie, per i libri di testo ed altro).
Mancano all’appello circa 7 miliardi che andranno trovati con lo «schema» Bondi. A dare l’esempio sono stati il ministero dell’Economia e Palazzo Chigi, ora i contributi dovranno venire dagli altri ministeri, soprattutto quelli dell’Interno (si pensa di intervenire per evitare sovrapposizioni tra polizia e carabinieri), degli Esteri e della Difesa. Non si esclude neanche l’utilizzo di una clausola di salvaguardia per arrivare a reperire i 7 miliardi da mettere a bilancio. Una parte consistente dell’operazione riguarda il settore del pubblico impiego. Ieri si è tenuto un vertice per mettere a punto il pacchetto e valutare l’impatto delle norme.
Sul tavolo l’ipotesi di un giro di vite sulle promozioni facili nella pubblica amministrazione. Un giro di vite che naturalmente non varrà per chi ha maturato fin qui il diritto alla promozione. Il rapporto tra dirigenti e funzionari è stato fissato uno a quaranta, uno a venti quello tra dirigenti di primo e di secondo grado. Criteri simili verranno applicati anche per gli altri dicasteri. Allo studio anche la rivisitazione del sistema Brunetta sulla meritocrazia puntando «a una maggiore trasparenza». Allo studio, inoltre, il rapporto tra numeri di dipendenti e la superficie complessiva occupata, spesso deserta. Si pensa infine a un taglio lineare del 5 per cento delle piante organiche (per le eccedenze si prevede una sorta di mobilità all’80 per cento dello stipendio).
Insomma, una difficile riorganizzazione dello Stato che obbliga, tra l’altro, a una ricognizione delle province, delle società e degli enti considerati superflui. Che è poi la filosofia che ha ispirato gli emendamenti presentati ieri in Commissione dagli onorevoli del Pdl Crosetto, Santelli, Giorgetti, Lorenzin, Laffranco e Beccalossi. Nel dettaglio, le proposte riguardano la soppressione di Arcus Spa, la razionalizzazione e il dimezzamento dei trattamenti economici spettanti ai membri delle authority nonché la riduzione dei trasferimenti alle autonomie speciali.
Si stabilisce, poi, un tetto per le pensioni percepite in base al vecchio sistema retributivo e al loro cumulo.
Infine, con un emendamento sottoscritto anche da Cicu, si prevede la soppressione di Equitalia, la concentrazione dell’attività di riscossione in mano all’Agenzia delle entrate e il contenimento degli interessi sulle cartelle esattoriali non oltre il tasso di usura con efficacia retroattiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.