Quei beni rifugio diventati demoni della finanza

Nati per coprire i rischi, vengono usati per speculazioni azzardate

Milano - Si può incolpare Enrico Fermi della tragedia di Hiroshima? La scoperta della fissione nucleare ha consentito di sfruttare una fonte energetica ad alto rendimento. La storia dei derivati, per certi versi, è simile a quella dell'atomo. Si può produrre energia o causare un disastro.
«Li hanno inventati gli agricoltori olandesi nell'età moderna per assicurare gli scambi di grano», spiega Stefano Gianti, analista di Cmc Markets proprio per sottolinearne la funzione di copertura del rischio. Infatti, aggiunge, «uno dei derivati più usato è l'opzione, utile per coprire eventuali perdite sulle azioni che un investitore ha in portafoglio». E di certo non volevano creare disastri gli 83 commercianti che nel 1848 crearono il Chicago Board of Trade (Cbot), la più grande borsa dei derivati sulle materie prime e prodotti agricoli. Volevano «promuovere giustizia ed equità nel commercio», non certo creare un'associazione per delinquere.
Che cos'è dunque un «derivato»? Ce lo dice la parola stessa, è un contratto il cui prezzo dipende da quello di un altro bene (prodotti agricoli, azioni, tassi di interesse, valute) che in gergo vengono definite «sottostante». Un derivato non è un'entità a sé stante, ma dipende da qualcos'altro.
Ma andiamo con ordine. I derivati, come detto, nascono per rappresentare una sorta di assicurazione, ossia coprire il rischio connesso a una transazione. Sono derivati i future, le opzioni, i warrant. In generale ci si impegna a comprare (o a vendere) qualcosa in un determinato momento a un determinato prezzo. Ad esempio: se abbiamo un azione X che vale 10 euro e temiamo che possa deprezzarsi, possiamo comprare un'opzione di vendita (put) al prezzo di 5 euro a 3 mesi. Se il titolo sale, si è perso qualcosa per assicurarsi. Se scende a 5 euro, si limita il danno.
Sono derivati anche gli Irs (interest rate swap, scambio di tassi di interesse), balzati agli onori delle cronache grazie al Monte dei Paschi di Siena. «Una banca può scambiare il tasso fisso dei mutui erogati con un tasso variabile e guadagnare se i tassi salgono. Oppure scambiare il variabile col fisso se si pensa che scenderanno», spiega Gianti.
Allora perché oggi vengono paragonati al «diavolo» dall'opinione pubblica? Per un motivo semplice: come tutti gli strumenti finanziari i derivati possono avere una finalità speculativa. «E più si cerca di guadagnare più si può perdere: i problemi nascono da lì», conclude Gianti. Il 90 per cento dei circa 900mila miliardi di dollari del mercato dei derivati ha questa finalità. Si punta non più sul prezzo del bene connesso al derivato, ma sulla sua variazione. Ad esempio, se l'azione X che vale 10 euro guadagna 1 euro, si può puntare 1 euro su quell'incremento di valore. Se va bene, si guadagna 1 euro (il 100%), ma se va male si perde tutto.


Questa è la «leva finanziaria»: con 1 euro stiamo comprando X che vale 10, cioè ci esponiamo a un rischio 10 volte superiore al nostro capitale e più questo rapporto è alto più si può guadagnare e tanto più si può perdere. È così che Mps e altri investitori hanno cercato di produrre energia nucleare e hanno trovato Hiroshima.

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