Quell'accordo che Pd-Udc-Sel nascondono ai loro elettori

Bersani, Vendola e Casini si attaccano a vicenda, ma in realtà hanno già pronto un patto per governare insieme

Quell'accordo che Pd-Udc-Sel nascondono ai loro elettori

L'accordo è già nei fatti: Bersani e Vendola si presenteranno a braccetto alle prossime elezioni e dopo il voto, per dare una maggioranza al governo, imbarcheranno l'Udc di Casini. L'intesa sinistra-moderati è sul tavolo della politica da mesi, l'ha proposta il segretario dei democratici, l'ha raccolta il leader dei centristi a fine giugno, Bersani l'ha rilanciata con convinzione: un «patto di legislatura» era il suo slogan all'Assemblea nazionale del Partito democratico a metà dello scorso luglio. C'è anche una mini-piattaforma programmatica di 14 pagine e 10 punti elaborata dai soloni del centrosinistra su parole d'ordine come legalità, democrazia, Europa, lavoro, uguaglianza, eccetera.
Piccolo particolare: gli elettori dei tre schieramenti (Pd, Sel, Udc) non sono affatto d'accordo con le alchimie, gli equilibrismi, le acrobazie dei capi-partito. Queste alleanze innaturali sono indigeribili ai militanti di Sinistra e libertà come ai cattolici dell'Udc e a buona parte del popolo che fu comunista e ora si adatta a votare Pd. Buttiglione e Vendola al governo formano un ibrido che assomiglia tanto all'«ircocervo liberalsocialista» condannato da Benedetto Croce negli anni 40. Incompatibili. L'avvicinamento della sinistra massimalista al Pd riporterebbe quasi ai tempi del Pci. E l'asse con gli ex-Dc echeggia addirittura il compromesso storico, anzi preistorico.
Ma i tre leader non vedono alternative. Si sono già messi d'accordo. Tuttavia devono tenere buoni i loro elettori sconcertati. E così, finita l'estate, hanno ricominciato a battagliare. In realtà è tutta una finta, soltanto fumo negli occhi. Litigano in pubblico per accordarsi in privato. Ci vorrà tutta la campagna elettorale per fare digerire la strana prospettiva ai militanti, tempo e pazienza. Per il momento occorre lisciare il pelo arruffato di quanti ancora si riversano disorientati alle feste di partito.
Ecco allora Vendola che, all'apparenza, «gela» il Pd: «Impossibile governare con Casini, è antitetico a Sel, siamo oggettivamente incompatibili, le nostre politiche sono il contrario del montismo, dell'austerity, dei totem e tabù del liberismo», ha detto all'assemblea generale di Sinistra ecologia e libertà. Ecco Casini che finge la levata di scudi: «Mi preoccuperei se Vendola volesse rapporti più stretti con me, tra lui e Bersani c'è un abisso. Impossibile accordarsi con chi si oppone a Monti». Ecco Pier Luigi Bersani raccogliere il messaggio e, come sul tappeto verde del tavolo da biliardo, giocare di sponda: «Casini non è nel campo dei progressisti, ma non bisogna essere settari né chiusi. Tra Vendola e Casini scelgo Nichi, noi organizziamo il campo del centrosinistra che però dev'essere allargato». Anche Massimo D'Alema impugna la stecca e si mette in partita: «Siamo affini a Vendola ma non vuol dire che non dobbiamo collaborare con Casini».

È tutto un tenere il piede in due staffe. Un classico della politica, la rinascita delle «convergenze parallele», impossibili in geometria ma molto più realistiche in politica, dove bisogna tenere unita gente che si vergognerebbe a farsi vedere assieme. È la rivincita di Aldo Moro, Dc e Pci che non si amavano, non si parlavano e tuttavia - a suo modo di vedere - non potevano non collaborare in qualche modo. I prodromi di questo nuovo accordo sono già evidenti in Sicilia, dove alle regionali Pd e Udc appoggiano il medesimo candidato alla presidenza, Rosario Crocetta, un ex di Rifondazione. E l'altra sera, alla Festa democratica a Reggio Emilia, Dario Franceschini se n'è uscito con una battuta rivelatrice verso Casini: «Eddai, Pier, non è che dobbiamo essere d'accordo su tutto...».

Dalle parti di Vendola c'è chi dice le cose come stanno. Fulvia Bandoli, componente del Coordinamento nazionale, l'ha scritto su Facebook un mese fa: «Il patto con l'Udc, come dice ogni giorno Bersani e come sta scritto nella carta degli intenti del Pd, si farebbe dopo il voto. E siccome agli elettori va detta la verità, bisognerebbe dire che alle elezioni si presenta una coalizione per ora fatta da Pd e Sel, ma che il governo sarà fatto anche da un patto con i moderati». A sinistra del Pd vorrebbero un soprassalto d'orgoglio come in Francia, mostrare i muscoli, andare da soli al voto e vincere contro tutto e contro tutti.

Ma Vendola, pugliese come Moro, è meno sognatore e più concreto. E dà una mano a quelli come Enrico Letta: «Casini o Vendola? Bersani ha chiarito che Casini rappresenta i moderati, io continuo a pensare che ci vuole un accordo tra i due anche se dicono che non lo vogliono fare».

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