Se Renzi diventerà segretario del Pd, dicevano fino a poco tempo fa i supporter delle larghe intese, il governo rischia di ballare. Invece è bastato che il sindaco di Firenze aprisse la sua campagna elettorale, perché a Roma iniziassero asentirsi preoccupanti scricchiolii. «Il governo è a rischio solo se Renzi vuole andare ad elezioni anticipate», si è lasciata scappare ieri il ministro (nonché colomba Pdl) Beatrice Lorenzin. Rivelando che, da quelle parti, il sindaco di Firenze viene visto come l’unica variabile pericolosa per l’attuale equilibrio di governo. Enrico Letta ha messo la museruola ai suoi, vietando loro di polemizzare direttamente con Renzi. Uno di loro mette in guardia il sindaco: «La maggioranza dei parlamentari, anche di quelli che hanno firmato per Renzi, non sono renziani: davanti ad una scelta del governo sosterranno il governo e non lui».
È chiaro a tutti che con l’affondo sull’amnistia (e con quello, altrettanto insidioso, sulla legge elettorale) il sindaco ha mirato senza timori reverenziali contro l’architrave su cui si regge il governo,l’asse Letta-Napolitano. E lo ha fatto su due terreni rispetto ai quali il consenso dell’opinione pubblica di centrosinistra sta molto più dalla sua parte che dalla loro. Basti vedere come impazzi sulla rete la campagna anti-Porcellum lanciata dal vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, e le adesioni al suo digiuno.
Sulla questione amnistia, ieri il sindaco è tornato all’attacco: «Non polemizzo con il capo dello Stato, ma il Pd ha il dovere di discutere, e va superata la logica dell’emergenza». Renzi è consapevole dell’«amarezza» e dell’irritazione trapelate dal Colle, ma ribadisce che un’amnistia al posto di una riforma della giustizia sarebbe «un clamoroso autogol» e insiste che «aprire le porte del carcere, dopo che per anni la classe politica non ha fatto niente, non è la soluzione». Il sindaco di Firenze si è buttato a capofitto nel suo giro d’Italia per la campagna congressuale, e ieri è passato dal Trentino Alto Adige a Verona, dove si è confrontato con il leghista Tosi.
A Roma, intanto, si cerca di accelerare sulla riforma elettorale, prima che Renzi - come ha preannunciato - da segretario del Pd sfili il dossier di mano a chi, con la benedizione del governo, sta cercando di tessere un’intesa con il Pdl. Anna Finocchiaro, che al Senato tiene le fila delle correzioni al Porcellum, ha assicurato al segretario Epifani (che oggi presiederà riunioni con i parlamentari Pd sia sulla legge elettorale che sull’emergenza carceri) che «sulle linee generali l’accordo con il centrodestra è a buon punto». E il bersaniano D’Attorre,responsabile delle Riforme per il Pd, spara contro Renzi: «Se seguiamo la strada da lui indicata finiamo su un binario morto: senza intesa con il Pdl non c’è maggioranza».Ma è diffusa la consapevolezza che in questa fase, con Pd e Pdl acefali e divisi, chiudere un’intesa sia impresa improba.
A preoccupare i renziani, piuttosto, è il silenzioso ostruzionismo che l’apparato Pd oppone al ciclone Renzi: «L’organizzazione è in ginocchio, quelli che hanno il controllo del
database delle primarie e il know how per organizzarle se ne sono andati a lavorare per Cuperlo », denuncia un dirigente renziano, «è in atto un tentativo per scoraggiare il voto popolare e indebolire la vittoria di Renzi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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