Una riforma che umilia i proprietari

Lo Schema di decreto legislativo in materia di Commissioni censuarie approvato dal Consiglio dei ministri, desta molte perplessità e notevoli preoccupazioni. L'ispirazione fondamentale è, all'evidenza, differente da quella dei parlamentari di Senato e Camera (tenuti sino all'ultimo all'oscuro dell'esatto testo che sarebbe stato inviato a Palazzo Chigi) che scrissero la legge delega in materia. Il tentativo di compressione dei compiti delle Commissioni provinciali censuarie è palese. Ma, al di là di questo (che si può riassumere nell'uso, da parte dello Schema, dell'espressione che le Commissioni «concorrono», solamente, alle operazioni estimali, lasciando quindi ad altri le decisioni), è l'impianto stesso previsto dalla delega per la composizione delle Commissioni in parola che viene stravolto, con conseguente certo rischio di incostituzionalità: come anche la Relazione accompagnatrice dello Schema appalesa, i soggetti chiamati a designare i componenti di questi organi saranno infatti tre (l'Agenzia delle entrate, l'Anci e il prefetto della provincia) mentre - al di là dell'individuazione del prefetto, concepito come organo di garanzia - la delega prevede, in particolare, l'indicazione diretta - ad esempio - di componenti, da parte delle «associazioni di categoria del settore immobiliare» (e la «categoria» è quella dei proprietari immobiliari) e stabilisce anzi che, ad evitare che in mancanza nelle Commissioni finiscano per certo solo i rappresentanti di chi deve tassare e fare cassa, prescrive che la presenza dei contribuenti sia «assicurata», come quelle dell'Agenzia e dei Comuni (la delega prescrive la presenza necessaria di professionisti, tecnici eccetera, «anche indicati dalle associazioni di categoria del settore immobiliare», con un «anche» che è particella aggiuntiva e non eventuale). Tutto, questo, senza dire che il testo del governo cambia radicalmente quello della delega sostituendo la riportata espressione («anche indicati dalle associazioni di categoria») con una del tutto diversa, e tale da mutare surrettiziamente la stessa categoria prescelta in sede parlamentare: lo Schema di decreto parla infatti di «associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare», e non ne assicura assolutamente la presenza. Questo, ancora e per nuovamente sottolineare l'intento del governo (o comunque, di chi ha redatto il testo) contrario alla rappresentanza dei contribuenti, senza dire che - avanti a disposizioni della legge delega comuni per le Commissioni provinciali e centrale, quelle già riportate - lo Schema governativo, a proposito dei componenti la Commissione censuaria centrale, arriva al punto di prevedere che componenti di questa siano designati dal ministero dell'Istruzione (sì, proprio così) «sentite», solamente, «anche le associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare». Uno stravolgimento come quello per più titoli indicato, desta davvero scoramento. Non crediamo neppure, onestamente, che questo sia il vero orientamento del governo (piuttosto che di una burocrazia accidiosa, accentratrice e gelosa dei propri poteri, alla faccia dei contribuenti). Non crediamo proprio che il governo non voglia, fino a questo punto alcun confronto nelle Commissioni con i portatori di interessi diffusi, com'era invece - chiaramente - lo spirito originario della riforma, quello che ispira la legge delega. E considerato che il decreto delle Commissioni è il primo della riforma fiscale che viene presentato, non c'è proprio da rallegrarsi (e, anzi, c'è da temere che la volontà della burocrazia centrale sia quella di tenere la strada del non confronto - anziché quella della pubblicazione in consultazione - anche per tutti gli altri decreti previsti, una ventina circa). Sarebbe un disastro colossale, che rivelerebbe un preciso disegno di costruire una riforma «contro» i contribuenti (non, «con» i contribuenti). La riforma intera nascerebbe in un pronunciato spirito di sfiducia, mentre proprio la fiducia dei contribuenti va invece conquistata perché terminino evasione ed elusioni.

Per il Catasto, poi, verrebbe dribblato ogni obiettivo di una sua riconduzione - attraverso il necessario confronto delle parti - ad equità, anche in relazione ai valori ed ai redditi di un tempo di crisi del settore immobiliare che non conosce precedenti nella nostra storia.
* presidente Confedilizia

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