Rogo di Prato, la Kyenge: "I cinesi devono potersi fidare di noi"

Il ministro: "I cinesi hanno bisogno di uscire dalle loro comunità chiuse, ma per farlo devono potersi fidare di noi. E noi forse non abbiamo dato loro tutta la protezione necessaria"

Il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge
Il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge

"La comunità cinese ha le sue colpe, noi abbiamo le nostre". Il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, in un’intervista al Messaggero, parla del rogo avvenuto nella fabbrica di Prato e spiega: "I cinesi hanno bisogno di uscire dalle loro comunità chiuse, ma per farlo devono potersi fidare di noi. E noi forse non abbiamo dato loro tutta la protezione necessaria". Il ministro poi articola meglio il suo pensiero: "I bambini cinesi di Prato sono ormai italiani di terza generazione. Parlano i dialetti locali. Vanno a scuola e si direbbe che siano perfettamente integrati. Ma quando crescono ed entrano nell’età lavorativa si trovano praticamente tutti rinchiusi all’interno delle varie imprese a carattere familiare». E se sono sfruttati, non denunciano. Noi dovremmo dare loro la sicurezza della protezione, se denunciano lo sfruttamento. La loro difesa passa per un percorso di immigrazione regolare".

Il problema però non riguarda solo Prato e nemmeno soltanto i cinesi. In Italia "tra ministero, Inps e Inail, ogni anno ispezioniamo 243mila aziende, circa il 16% delle aziende con dipendenti, di queste nel 2012 circa 155mila erano a vario titolo irregolari", ha affermato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini. Che ha sottolineato come in Italia ci siano "molte" Chinatown, ma il "problema non sono solo i cinesi, è responsabilità di chi organizza la produzione.

Serve una cultura della legalità generalizzata, c’è la necessità di un cambiamento dell’impostazione culturale". Per quanto riguarda Prato, gli ultimi dati dicono che ci sono 35.000 stranieri (14.000 i cinesi "ufficiali"). Di questi 8.000 risiedono altrove. I clandestini sono circa 25.000.

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